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Di Iacovo: ecco tutto quello che c’è da sapere prima di votare al referendum sulla fusione
 giovedì 14 settembre 2017 16:20
Di Iacovo: ecco tutto quello che c’è da sapere prima di votare al referendum sulla fusione Il dibattito apertosi in materia di Fusione rischia di assumere connotazioni ideologiche e politiciste. In particolare, i critici (o quelli che propongono di votare di “NO”) fanno leva essenzialmente sui seguenti aspetti:
- il primo, per così dire “emotivo” e “identitario”, costituito dalla denominazione dei luoghi, dalla delimitazione geografica, dall’appartenenza etnica, dal rischio di non poter tutelare gli interessi del territorio coriglianese;
- il secondo, di tipo “organizzativo”, tende a costruire un’opinione secondo la quale sarebbe necessario uno “studio di fattibilità” per valutare se la dimensione superiore di un Comune nato dalla fusione, potrebbe aggravare, per sommatoria, i problemi dei singoli Comuni.
Per valutare consapevolmente la fondatezza di entrambe le critiche, non basta la mera comparazione statistica tra il Comune di Corigliano e quelli del Nord Italia ed ancor meno la comparazione tra il Comune di Corigliano e quelli di altri Stati come la Germania, la Francia e la Spagna, per il semplice motivo che questi non presentano le stesse problematiche del nostro territorio comunale, dove esistono ancora disservizi nei settori di prima necessità (strade, mezzi di pubblico trasporto, scuole, ospedale, acqua, pulizia e decoro urbano, aree verdi decorose e funzionali, efficienza degli uffici comunali, efficienza del sistemo idrico e fognante, ecc.).
Di conseguenza i piccoli Comuni della Germania o i grandi Comuni del Nord Italia, non hanno bisogno di attivare procedimenti di Fusione per il semplice motivo che in questi territori i Comuni, allorquando negli anni passati hanno gestito bilanci pubblici più ricchi e consistenti, si sono preoccupati di impiegare con molta attenzione e parsimonia i soldi pubblici nella realizzazione delle opere e delle infrastrutture idonee a garantire l’efficienza dei servizi pubblici essenziali e pertanto oggi che, soprattutto in Italia, le risorse pubbliche sono diminuite a causa della crisi, i piccoli Comuni della Germania ed i grandi Comuni del Nord Italia riescono comunque a garantire una buona qualità della vita ai loro cittadini con le risorse di cui dispongono, avendo in passato speso i maggiori soldi pubblici di cui disponevano per la realizzazione di opere ed infrastrutture idonee a garantire l’efficienza dei servizi pubblici essenziali.
Ecco che allora l’analisi dei vantaggi della Fusione non può fondarsi sui paragoni tra la nostra realtà e quella di altri territori.
Così come mi auguro che questo importante voto del prossimo referendum non sarà espresso valutando soltanto gli aspetti “emotivi” e “identitari” (come la denominazione dei luoghi, la delimitazione geografica, l’appartenenza etnica, il rischio di non poter tutelare gli interessi del territorio coriglianese), atteso che tali elementi - ove non fossero considerati insieme alle attuali condizioni di vita economiche, sociali e culturali del Comune di Corigliano - rischierebbero di costituire il classico “granello” che incepperebbe irreversibilmente una opportunità di futuro sviluppo del Comune di Corigliano, lasciandolo “morire” con la propria denominazione, delimitazione geografica, appartenenza etnica, nella misura in cui costituisce un dato di fatto certo che gli aspetti “emotivi” e “identitari” fino ad oggi non sono stati valorizzati e trasformati in un “brand” o “marchio” attrattivi di ricchezza nei vari settori turistici, agricoli ed industriali.
Ciò significa che molto probabilmente gli aspetti “emotivi” e “identitari” purtroppo anche in futuro non saranno bastevoli a migliorare la qualità della vita del Comune di Corigliano, ma rischieranno di costituire un fattore di irreversibile mancanza di competitività nei principali tessuti economici come quelli del turismo, dell’agricoltura e dell’industria.
Non è un caso che l’istituto delle Fusioni trova maggiori simpatie nelle regioni centro settentrionali, da sempre abituate, per concezione solidaristica e cooperativistica, a valorizzare i territori attraverso “la competizione con gli altri” e non attraverso “la difesa dagli altri” come accade invece in gran parte del meridione, in continuità con una concezione medioevale delle comunità originate e nate attorno alla difesa di una fonte, di un podere, di una coltura, spesso funzionali a baronie.
Se dunque il punto di partenza è il “territorio” e la sua “popolazione”, bisogna allora intendersi sul significato in chiave moderna da dare ai due elementi.
Può il territorio essere inteso solo come una porzione geografica più o meno vasta e la popolazione intesa solo come un insieme di persone affini per riti e tradizioni?
Penso proprio di no.
Penso invece che una Comunità può definirsi tale soltanto se gode o può aspirare a dotarsi di un elevato “stato di benessere” collettivo o, comunque, se riesce a creare le condizioni per tendere ad esso.
In altri termini i fattori che concorrono al raggiungimento dell’obiettivo di un sempre più elevato “stato di benessere” collettivo, complessivamente inteso, sono i servizi, le infrastrutture, l’assistenza, la socialità, l’istruzione, l’ambiente, i beni culturali, le attività produttive, ecc.
E per la buona realizzazione di tutto questo o solo per la rincorsa a tutto questo si ha bisogno, oltre che delle risorse umane e naturali, delle risorse finanziarie e delle buone pratiche gestionali di taglio alle spese “burocratiche” e di ottimizzazione delle risorse.
Ciò in quanto appare assodato che quando i Comuni non hanno le risorse per gli investimenti, sia a causa delle scelte imposte dai livelli superiori di governo (provinciali, regionale, ecc.), sia a causa delle scelte sbagliate effettuate dalle precedenti amministrazioni comunali, sia a causa della mancanza di una vocazione dei Comuni di attrarre risorse in determinati settori (artistico, produttivo, agricolo, turistico), tutto questo significa, per loro, essere condannati a una lenta agonia.
Nel lungo periodo i Comuni, specie quelli più affetti da un naturale processo di migrazione, in assenza di opportunità economiche e sociali si troveranno a gestire risorse insufficienti anche ad assicurare, se pure volessimo dar ragione ai cultori dell’identità, la sopravvivenza dell’identità stessa.
Ciò soprattutto quando un Comune possiede un centro storico, beni artistici e “campanili” in un evidente stato di degrado e fatiscienza proprio dal punto di vista fisico per la mancanza di risorse finanziarie.
Quanti giovani non possono assicurare la perennità proprio dell’identità perché costretti a migrare in cerca di lavoro e dello “stato di benessere” collettivo, a riprova che tra i bisogni primari dell’uomo non compare certamente la difesa dell’identità?
Oggi pertanto occorre che sia lo “stato di benessere” collettivo il principale fattore costitutivo di una comunità, in un determinato territorio “organizzato”, con una popolazione che soddisfa tutti i bisogni economico/sociali e accede a nuove opportunità.
È questa, mi sembra, la definizione in chiave moderna di “Comune”.
Che cosa sarebbe una comunità senza efficienza nei settori primari come le scuole, gli asili, l’assistenza, la sanità, la sicurezza; senza beni artistici e culturali da offrire ai turisti per riempire sia le casse comunali che quelle dei commercianti, senza decoroso verde pubblico, senza decorosi e funzionali spazi ricreativi e strutture sportive; senza efficienti infrastrutture produttive, senza efficienti reti dell’energia e dei servizi; senza concrete opportunità di lavoro e di reddito per tutti i cittadini.
Dove trovare, dunque, le risorse per garantire lo “stato di benessere” collettivo e perché considerare la cooperazione tra Comuni lo strumento essenziale per reperirle?
Una prima soluzione è già garantita dalle seguenti leggi:
- Ai sensi del comma 380-ter dell’articolo 1 della Legge 24/12/2012 n. 228 “Al fine di incentivare il processo di riordino e semplificazione degli enti territoriali, una quota del Fondo di Solidarieta’ Comunale NON INFERIORE A 30 MILIONI DI EURO E’ DESTINATA, ai sensi dell’ articolo 20 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 , convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135 , AI COMUNI ISTITUITI A SEGUITO DI FUSIONE”.
- Ai sensi del comma 1-bis dell’articolo 20 del Decreto Legge n. 95 del 06/07/2012, convertito il Legge n. 135 del 07/08/2012, “A decorrere dall’anno 2016, il contributo straordinario a favore degli enti di cui al comma 1 e’ commisurato al 40 per cento dei trasferimenti erariali attribuiti per l’anno 2010, elevato al 50 per cento a decorrere dall’anno 2017, nel limite degli stanziamenti finanziari previsti e comunque in misura non superiore a 2 milioni di euro per ciascun beneficiario. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’interno, sentita la Conferenza Stato-citta’ ed autonomie locali, sono disciplinate le modalita’ di riparto del contributo, prevedendo che in caso di fabbisogno eccedente le disponibilita’ sia data priorita’ alle fusioni o incorporazioni aventi maggiori anzianita’ e che le eventuali disponibilita’ eccedenti rispetto al fabbisogno determinato ai sensi del primo periodo siano ripartite a favore dei medesimi enti in base alla popolazione e al numero dei comuni originari”. A ben vedere questa norma di legge garantisce ai Comuni che si fondono l’erogazione ogni anno di ulteriori soldi consistenti in un CONTRIBUTO STRAORDINARIO DI UN IMPORTO MINIMO PARI AL 50% DEI TRASFERIMENTI ERARIALI ATTRIBUITI PER L’ANNO 2010 e di un importo massimo pari a 2 milioni di euro all’anno. In altri termini la norma di legge prevede che l’importo minimo dei soldi da erogare ai Comuni fusi sarà ogni anno del 50% in più di quelli attualmente previsti e, molto probabilmente Corigliano e Rossano, percepiranno l’importo massimo di 2 milioni di euro in ragione del fatto che ad oggi i procedimenti di Fusione attuati in Italia sono ancora pochi e dunque ci sarà molta disponibilità all’interno del fondo di almeno 30 milioni di euro annui previsti dallo Stato. Ma non è tutto. La stessa norma prevede che “le eventuali disponibilita’ eccedenti rispetto al fabbisogno determinato (con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri) siano ripartite a favore dei medesimi enti in base alla popolazione e al numero dei comuni originari”. In altri termini la Fusione di due grossi Comuni come quelli di Corigliano e Rossano, costituendo l’aggregazione di una popolazione superiore a quella di altri comuni, avrebbe anche diritto (oltre ai maggiori soldi costituiti ogni anno dal 50% dei trasferimenti erariali attribuiti per l’anno 2010) ad ulteriori contributi straordinari e dunque ad ulteriori soldi nel caso in cui rimanessero delle eccedenze nel fondo straordinario di solidarietà comunale.
- Ai sensi del comma 23 dell’articolo 31 della Legge n. 183 del 12/11/2011 “I comuni istituiti a seguito di fusione a decorrere dall’anno 2011 sono soggetti alle regole del patto di stabilita’ interno dal quinto anno successivo a quello della loro istituzione, assumendo quale base di calcolo le risultanze dell’ultimo triennio disponibile”. Questa norma di legge non è stata creata per incentivare i Comuni fusi a ricorrere all’indebitamento, ma è stata creata per incentivarli – nei primi cinque anni dalla Fusione – a ricorrere a maggiori anticipazioni cassa (o finanziamenti bancari) al fine di realizzare maggiori opere ed infrastrutture, sapendo di poter contare per risanare l’anticipo delle somme di denaro da parte delle banche sulle maggiori entrate finanziarie derivanti ogni anno dalle su esposte norme in materia di contributi straordinari ai Comuni fusi.
- Ai sensi del comma 5 dell’articolo 5 della Legge Regionale 24/11/2006 n. 15 “Fatte salve le contribuzioni per le fusioni dei Comuni previste dalla normativa statale, la Regione eroga, per dieci anni successivi alla fusione stessa, appositi contributi straordinari nella misura prevista dal Programma regionale di riordino territoriale di cui all’articolo 20 della presente legge”. In altri termini, ai soldi straordinari che erogherà annualmente lo Stato, in caso di Fusione si aggiungeranno anche ulteriori soldi straordinari da parte della Regione Calabria.
È in questo quadro normativo, e non altrove, che pertanto si trovano le principali risorse, ma queste sono soltanto quelle immediate, previste, disponibili.
Fuori e oltre l’individuazione diretta delle risorse, occorre soffermarsi su altri aspetti non meno importanti e altrettanto incidenti, propri del processo aggregativo, che producono risorse e opportunità nel lungo periodo.
Infatti la Fusione, in particolari circostanze ed in giustificati ambiti, è la grande occasione soprattutto per i territori del mezzogiorno come il nostro e quello di Rossano, che sono urbanisticamente adiacenti tra loro.
Un’occasione che rispetto ai Comuni del Nord Italia, dove pure ha più consenso, risponde meglio alle esigenze di un territorio, atteso che al Nord Italia la molla che ha reso appetibile l’istituto della Fusione, anche tra Comuni non proprio attigui, è quella dei vantaggi economici, ma nel nostro caso la caratteristica della presenza di Comuni attigui anche con i rispettivi centri storici, deve incentivare maggiormente l’interesse in quanto, qui, la Fusione, oltre a consentire l’accesso alle maggiori risorse economiche statali e regionali, permetterebbe la costituzione di una nuova realtà dalle grandi potenzialità.
Soprattutto in un contesto sociale, economico e culturale come quello calabrese caratterizzato dal fatto che i vincitori sono sempre coloro che attuano opportunamente il principio secondo cui “l’unione fa la forza”, perché non solo consentirebbe il cambiamento di una condizione amministrativa (un nuovo grande Comune), ma soprattutto consentirebbe la nascita di un nuovo e più forte soggetto che ha la sua originalità per il fatto che “fonde” (e non accorpa) due realtà già inglobate sia urbanisticamente che dalla reciproca conoscenza delle rispettive tradizioni, relazioni economiche e sociali.
La Fusione non è dunque uno strumento per sommare due bilanci comunali o che deve incutere il timore che uno dei due comuni possa prevalere sull’altro, perché la Fusione determinerà un unico bilancio comunale che dovrà soddisfare – con l’aiuto di tutti i soldi straordinari che saranno erogati annualmente da Stato e Regione – gli interessi di tutti i cittadini del territorio di Corigliano-Rossano, per cui non potrà mai succedere che - ad esempio - un rossanese possa pensare di tirare acqua soltanto al proprio mulino a danno di un coriglianese o viceversa, perché qualora l’economia dovesse arretrare nella fascia territoriale dell’attuale Comune di Corigliano, i danni e le ripercussioni economiche le pagheranno anche gli abitanti della fascia territoriale dell’attuale Comune di Rossano, in quanto ci rimetterebbero la propria “faccia” o “immagine” in virtù del fatto che non arretrerebbe più soltanto il Comune di Corigliano ma il Comune di Corigliano-Rossano, compreso il bilancio comunale del Comune di Corigliano-Rossano.
Proprio come avviene quando due persone decidono di sposarsi e costituire un fondo patrimoniale destinato al perseguimento di scopi del proprio nucleo familiare e non di ogni singolo coniuge.
Assumere questa definizione per indicare cos’è realmente la Fusione permette di considerarla come un’opportunità valida per il nostro territorio e non soltanto come un nuovo strumento “burocratico” valido per accedere solo a risorse finanziarie altrimenti non rinvenibili.
Qui risiede l’essenza del dibattito in corso, ovvero stabilire cosa è meglio per il futuro delle popolazioni e non solo cosa conviene oggi alle tesorerie dei Comuni.
In conclusione non è necessario alcuno studio di fattibilità in quanto non solo questo non è previsto da alcuna legge, ma soprattutto perché uno studio di fattibilità effettuato adesso non sarà in alcun modo vincolante per coloro ai quali spetterà il diritto di adottare determinate scelte (il nuovo Consiglio Comunale di Corigliano-Rossano), atteso che per legge non spetterà alle attuali amministrazioni comunali la scelta su dove sarà la sede del municipio, dei vigili urbani o di quell’ufficio specifico o addirittura quale sarà lo stemma comunale; ecc. ecc., ma tutte le scelte che riguarderanno il nuovo Comune di Corigliano-Rossano, spetteranno solo ed esclusivamente al nuovo Consiglio Comunale di Corigliano-Rossano.
Anche perché, a mio avviso, tutti questi aspetti rappresentano il “primo pensiero” di tanti “abituati” a trovare immediate soddisfazione nelle piccole cose e “disabituati” (spesso per colpa della politica) a cimentarsi nella costruzione di prospettive migliori e di lungo periodo.
Ciò in quanto i benefici della Fusione in primo luogo non possono contarsi tutti adesso, ma comunque non sono pochi: dall’esenzione dai tagli governativi alle forti sovvenzioni economiche provenienti dallo Stato e dalle Regioni, dalle deroghe al patto di stabilità alle economie di scala realizzate sulle utenze, sui lavori, sui servizi per il cittadino. Per non parlare del risparmio in termini di costi della politica; un solo Sindaco, un solo Consiglio, una sola Giunta, un solo revisore dei conti, ossia tutti risparmi netti che comportano altre nuove risorse da reinvestire immediatamente sul territorio o da utilizzare per ridurre la pressione fiscale sui cittadini. Vantaggi tangibili e del tutto impensabili per quei Comuni che invece si ostinano a voler fare (e morire) da soli.
Un aspetto dunque, quello delle “buone pratiche e dell’ottimizzazione delle (maggiori) risorse”, centrale e fondamentale, ricco di aspetti che dimostrano come le risorse possano derivare, oltre che dagli stanziamenti previsti dalla legge, dagli ingenti risparmi di spesa e dalle opportunità economiche e di lavoro prodotte da un Comune nato dalla Fusione che è in grado, con le risorse innanzi descritte, di dotarsi di adeguate infrastrutture e servizi, di una razionale urbanistica e viabilità, di un’efficiente organizzazione amministrativa, di un corretto uso del territorio e dell’ambiente, di una valida programmazione economica, commerciale e turistica, in una sorta di circolo virtuoso, moltiplicatore, che consente alle risorse iniziali di generare altre risorse e altre economie di spesa.
La Fusione, dunque, è un approdo ineluttabile che non cancella i “municipi” ma li fa rivivere in una nuova veste amministrativa, la sola al momento capace di offrire alle popolazione di questi due paesi la possibilità di raggiungere “uno stato di benessere collettivo”.

Dott. Benedetto Di Iacovo
    COMUNICATO STAMPA
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