Corigliano-Rossano: Salesiani in festa, domenica si ricorda San Giovanni Bosco |
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Papa Wojtyla lo definì “padre e maestro della gioventù”, papa Francesco oggi ha ricordato come “seppe far sentire l’abbraccio di Dio a tutti i giovani che incontrò”. |
venerdì 29 gennaio 2021 18:04 |
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La Comunità Salesiana di Corigliano-Rossano, così come tutte le comunità salesiane italiane e mondiali si apprestano a festeggiare, domenica 31 gennaio, San Giovanni Bosco, il suo fondatore. Nonostante le limitazioni imposte dall’emergenza Covid-19 i Salesiani di Corigliano-Rossano, guidati da don Natale Carandente, hanno preparato un programma di iniziative in vista di questa celebrazione. Si tratta di un programma abbastanza sobrio, ma carico, come è giusto che sia, di religiosità e di fede. Ma chi era e chi è stato don Giovanni Bosco ? Papa Wojtyla lo definì “padre e maestro della gioventù”, papa Francesco oggi ha ricordato come “seppe far sentire l’abbraccio di Dio a tutti i giovani che incontrò”. Questo era don Giovanni Bosco, fondatore dei salesiani e della congregazione femminile delle figlie di Maria ausiliatrice, ma soprattutto ideatore dell’oratorio in cui sono transitati, fra il secolo scorso e il nostro tempo, generazioni di ragazzi. Anche solo per tirare un calcio al pallone in un ambiente a misura di adolescente nel quale gioco, sport e divertimento continuano a sposarsi con la fede, l’Educazione e la formazione al lavoro. Nato a Becchi, frazione di Castelnuovo d’Asti, nel 1815, in una famiglia di origini contadine, a due anni Giovanni Bosco rimase orfano del padre che aveva sposato in secondo nozze Margherita Occhiena. Col fratellastro Antonio i rapporti furono fin da subito conflittuali tanto che già nel 1826 il futuro prete dovette andarsene da casa e procurarsi il pane lavorando come garzone. Un paio di anni prima aveva avuto un sogno fondamentale per cogliere lo spirito della sua missione in mezzo e per i giovani: si trovava fra ragazzi che bestemmiavano, urlavano e litigavano; per farli desistere, si avventava contro di loro con pugni e calci fino a quando davanti non gli apparve un uomo dal volto luminosissimo che gli disse: ‘Io sono il Figlio di Colei che tua madre ti insegnò a salutare tre volte al giorno. Non con le percosse, ma con la mansuetudine e con la carità dovrai guadagnare questi tuoi amici’. Dotato di un’intelligenza fuori dal comune e di una memoria infallibile, Giovanni Bosco venne avviato agli studi dal cappellano don Giovanni Calosso che prese a cuore la sua situazione. A vent’anni entrò in seminario per essere ordinato presbitero nel 1841. È a Torino, l’8 gennaio dello stesso anno, che prese forma, almeno idealmente, il primo oratorio. Decisivo l’incontro con un giovane muratore, Bartolomeo Garelli, che era stato maltrattato dal sacrestano, perché non sapeva servire messa. Don Bosco ascoltò il ragazzo e lo invitò a tornare con i suoi amici, anche loro di bassa estrazione sociale e a rischio delinquenza. Inizialmente le riunioni avvenivano nell’Ospedaletto di santa Filomena per bambine disabili. Inizialmente il prete spiegava il Vangelo ai giovani, li intratteneva con passatempi e acrobazie appresi anni prima dai giullari del suo paese. Don Bosco nella sua vita ebbe il merito d’investire non sulla repressione, ma sulla prevenzione del crimine che fagocitava ragazzi contadini allo sbando, attirati sotto la Mole dalle opportunità della rivoluzione industriale. A loro dava un tetto, qualcosa da mangiare e impartiva, con l’aiuto crescente di collaboratori che ammiravano la sua caparbietà, lezioni per imparare un mestiere. E fronteggiare così al meglio le inevitabili difficoltà connesse alla società capitalistica. Va detto che don Bosco non trovò nell’immediato una sponda nella Gerarchia ecclesiale del tempo. I salesiani erano visti con un certo sospetto per il loro modo di evangelizzare stando in mezzo ai giovani delle classi sociali meno abbienti. Questo stile entrava in rotta di collisione con un modello di sacerdote compassato e ieratico per una Chiesa non nel mondo, ma faro del mondo. Il ’giullare di Dio’ è stato beatificato da Pio XI nel 1929, la canonizzazione, sempre per volontà di papa Ratti, arriverà il giorno di Pasqua (1° aprile) del 1934. Quarantasei anni dopo la sua morte, avvenuta non per una malattia specifica, bensì per logoramento. Negli ultimi anni di vita don Bosco era ormai l’ombra di se stesso. Provato nel fisico, non nell’animo, come dimostra la trascrizione di un dialogo fra il santo e il medico curante. “Lei è un abito molto logoro. È stato indossato i giorni feriali e i giorni festivi. Per conservarlo ancora, l’unico mezzo è metterlo in guardaroba. Le consiglio il riposo assoluto”. “La ringrazio, dottore, ma è l’unica medicina che non posso prendere”. L’impegno pastorale di don Bosco si può riassumere in tre frasi a lui care che possono valere anche per gli educatori di oggi, credenti o meno che siano. “In ogni giovane, anche il più disgraziato, c’è un punto accessibile al bene”. “La santità consiste nello stare sempre allegri”. “Ama ciò che amano i giovani a fine che essi amino ciò che amate voi”.
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Corigliano Informa
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