Le persone di cui si sospetta il contaggio vengono inizialmente sottoposte a una serie di domande per verificare se potrebbero essere entrate in contatto con persone infette. Le domande sono relative a viaggi in Cina o a contatti avuti con persone potenzialmente infette. Completata questa prima fase, se i sanitari ritengono che il rischio di infezione da coronavirus sia concreto, si procede al test vero e proprio. Si effettua un tampone per prelevare dalla gola del paziente un po’ di muco e saliva. Si tratta di una specie di cotton fioc che raccoglie il materiale del tutto simile a quelli utilizzati per cercare eventuali infezioni batteriche alla gola. I tamponi - conservati a + 4 °C - vengono poi spediti a uno dei due laboratori di virologia specializzati per il COVID-19: quello dell’ospedale Sacco di Milano e quello dello Spallanzani di Roma. Il tutto entro 24 ore. Da lunedì 24 febbraio si è aggiunto anche il laboratorio dell’ospedale San Matteo di Pavia. In laboratorio il materiale genetico prelevato dal paziente viene amplificato attraverso una tecnica chiamata RT-PCR (reazione a catena della polimerasi inversa) che consiste nella sintesi di una molecola di Dna a doppio filamento a partire da uno stampo di Rna. Semplificando molto: grazie a questa tecnica il codice genetico del virus (se presente) viene estratto dal campione di saliva o muco e copiato ripetutamente, rendendolo visibile. Una volta che il materiale genetico è sufficiente, i tecnici di laboratorio vanno alla ricerca di alcune porzioni del codice genetico del coronavirus che si presume non cambino velocemente. Se lo trovano, il test risulta positivo. I risultati arrivano in genere dopo qualche ora e se l’esito del test è positivo, il protocollo per il coronavirus COVID-19 (SARS-CoV-2) prevede una seconda verifica. Per questi motivi, per ottenere i risultati, ci vogliono in media dalle 4 alle 6 ore anche se i due centri di riferimento per le analisi hanno nelle ultime ore intensificato l’attività, per abbreviare questi tempi.