Verso la Città unica: la necessità di un patto fondativo |
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lunedì 18 febbraio 2019 16:50 |
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Le vicende sono scansionate da eventi, a volte tappe di un percorso da cui ripartire in continuità; altre invece punti di svolta, momenti di cambiamento, persino di rottura.
Nella vicenda della Fusione, vista dalla medesima prospettiva, all’inizio si sono ritrovate insieme persone anche molto diverse tra loro, per orientamento politico, bagaglio culturale, radicamento sociale. Per un certo periodo esse hanno proceduto all’unisono, per suscitare il dibattito nella società, adottare le determinazioni in sede istituzionale, sostenere l’iniziativa legislativa, affrontare il Referendum e, infine, spingere per l’emanazione della legge istitutiva del Comune unico. Ogni obiettivo raggiunto era il punto di partenza per avvicinarsi al successivo, logicamente e cronologicamente concatenato.
Solo qualche distinguo, ma nessuna vera differenza.
Nella coesione di quei momenti veniva già prefigurato l’entusiasmo di dover poi affrontare la fase costituente, e ci si raccomandava vicendevolmente di essere all’altezza della difficilissima sfida.
Insomma, consapevolezza e tanti buoni propositi, che però hanno cominciato a scemare già al momento dell’insediamento della gestione commissariale. Ognuno dei protagonisti, singolo o associato, ha incomprensibilmente virato verso manovre di posizionamento “in proprio”, allo scopo di accreditarsi e di ottenere un’improbabile interlocuzione privilegiata. E poi, in assenza di riscontri e man mano che si assumeva contezza della propria irrilevanza, in pochi mesi le dichiarazioni di stima e le aperture di credito verso il Commissario ed i suoi collaboratori si sono rapidamente trasformate in espressioni di disincanto, poi in critiche piccate con espressioni al limite degli improperi. Insomma, alla fine sono volati gli stracci.
Non si è compreso che quando le voci si sovrappongono ci si rende incomprensibili e fastidiosi per l’interlocutore, che perciò senza cura alcuna…guarda e passa.
Un grave errore e tempo prezioso perso!
Il rischio è che lo stesso schema possa ripetersi nella nuova fase, quella che si è aperta in vista delle elezioni che daranno il primo governo democratico alla città unica.
Ma, questa volta, con prevedibili effetti negativi più gravi, perché oggi non si tratta di parlare a singole persone o ad individuate istituzioni, ma a due Comunità che devono integrarsi, cariche di aspettative e perciò più facilmente reattive in caso di delusione, di cui già si sono avvertiti alcuni inequivoci segnali in questi primi mesi.
Vi sono troppi tatticismi per l’occupazione di uno spazio ritenuto libero in vista dell’acquisizione del consenso, che sono destinati a rivelarsi del tutto sterili se quello spazio è scollegato dal contesto. Così è difficile giungere ad un disegno unitario e ad un’idea complessiva.
Insomma, il contrario della necessaria coesione sociale e delle tanto agognate convergenze fondanti.
Intendiamoci, non si vuole dire di un impossibile unanimismo, contrario al concetto stesso di democrazia ed alla sua dialettica; quanto del rischio di una eccessiva frammentazione, vero ostacolo ad una necessaria sintesi attorno a due, forse tre, idee della Città unica - con fondamenta comuni - da confrontare nel corso di una sana competizione elettorale.
L’assenza della Politica, quantitativamente ed ancor più qualitativamente, ed una distorta idea di civismo possono fare il resto. Il trasversalismo non è di per sè negativo, anzi a volte può essere la risposta giusta se serve a mettere insieme idee, competenze ed energie per un comune obiettivo importante; ma è deleterio se serve per acquisire qualche voto, e non certo per creare ipotesi di Governo credibili.
Il rischio è un deficit di rappresentatività per chiunque dovesse prevalere nella conta dei consensi: e non mi riferisco agli effetti dei meccanismi elettorali, quanto alla sussistenza delle condizioni che possano consentire a ciascun cittadino, comunque abbia votato, di riconoscersi nell’Istituzione eletta.
Perciò non è indifferente come ci si presenterà alla competizione e che tipo di campagna elettorale sarà fatta.
Per il primo profilo, non è tempo di proporre programmi che siano mere enunciazioni di titoli, in una semplificazione che non può caratterizzare il tourbillon di incontri tra forze politiche e movimenti civici, per la verifica di quel che li unisce.
La Città unica richiede una prospettiva che va oltre la durata della Consiliatura oggetto della competizione elettorale ed in cui non avrebbe senso e, soprattutto, non sarebbe utile puntare ad affermare la logica della maggioranza tout court, quella dei numeri : Statuto, Regolamenti, organizzazione delle risorse umane e strumentali ed articolazione della loro presenza sul territorio, progetto di sviluppo urbano ed economico, infrastrutturazione e rischio idro-geologico, integrazione sociale, rapporti con le altre Istituzioni da chiamare alle proprie responsabilità ed altro ancora, sono temi che richiedono di essere declinati in una logica di dialettica che definirei armoniosa, in grado cioè di trovare soluzioni riconoscibili anche da chi sarà minoranza ( e non opposizione sempre ed a tutti i costi), e con la maturità e la consapevolezza di dover fissare le regole essenziali nella prospettiva dell’alternanza nella funzione di Governo. Perché si tratta di fissare obiettivi e regole da valere per i prossimi decenni.
Perciò essere di parte, oggi, non esclude l’apertura all’altro, al confronto sulle varie opzioni da mettere in campo. Soccorre Plutarco che, nell’elogio dell’arte di ascoltare, rileva che è facile muovere obiezioni al discorso pronunciato da altri, ma è difficile contrapporne uno migliore.
Ecco, allora, la necessità di parlare il linguaggio della chiarezza fino in fondo, e non limitarsi a dire solo che cosa fare, ma anche come farlo, con quali strumenti e risorse ed in che tempi. Sapendo che ciò costa fatica, sacrificio, umiltà e tanta, tanta generosità.
La verità è che bisogna recuperare il senso vero della rappresentanza di una società sempre più complessa e CONIugarla con la competenza, sia quella legata all’esperienza che l’altra spinta da un forte spirito innovativo, nell’ottica di un vero e proprio patto generazionale, quale preludio al definitivo passaggio di consegne.
Sarebbe un errore madornale ed esiziale pensare che si è all’anno zero. La Città unica sarà tanto più solida quanto più si sarà in grado di “preservare e valorizzare l’identità storica delle Comunità locali originarie “, così come la Legge vuole. Da qui emerge la forte valenza culturale che precede ed accompagna tutta la vicenda, che non può essere risolta tutta nella Politica, ovvero sul piano dell’ingegneria istituzionale o con l’adozione di provvedimenti amministrativi. Uno sforzo corale di tutte le componenti sociali.
La seconda considerazione è che ci vorrà una campagna elettorale da condurre evitando innanzi tutto declinazioni in prima persona, perché mai come in questo caso è tempo di fare gioco di squadra.
Ed in secondo luogo che si resti nel pieno rispetto dell’antagonista (parola forse meno ruvida di avversario e lontanissima da nemico): perché le lacerazioni che si consumano sul piano umano in certi frangenti, possono avere conseguenze fortemente negative per il dopo, a scapito dell’interesse e del bene comune.
Per questo le parole assumono un’importanza decisiva e dunque l’uso di un vocabolario appropriato e dell’ironia, possono consentire la polemica, anche aspra, senza trascendere nell’offesa personale.
Patto fondativo e gentlemen’s agremeent, mi paiono condizioni essenziali per affrontare adeguatamente la sfida che si ha davanti.
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Nicola Candiano
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