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La Lungimiranza delle Fusioni fatte bene
 mercoledì 6 dicembre 2017 20:45
La Lungimiranza delle Fusioni fatte bene Le fusioni tra i Comuni nascono da una esigenza di risparmio di spesa e dalla necessità di fornire al territorio servizi qualitativamente e quantitativamente migliori. Le fusioni devono essere progettate e devono prevedere investimenti ma anche una realtà amministrativa organizzata e capace di innovare e garantire servizi ai cittadini.
Incentivazione - L’incentivazione prevista dallo Stato per i processi di fusione è interessante, soprattutto per le fusioni già realizzate, e il contributo straordinario, più volte modificato nel corso degli anni, è fissato, comunque, in misura non superiore a 2 milioni di euro per ciascun beneficiario. Le modalità e i termini per il riparto e per l’attribuzione dei contributi sono definite con apposito decreto che precisa la quantificazione del contributo annuale spettante a ciascun in base ai fondi erariali stanziati e dal numero degli enti che ogni anno ne hanno diritto, nel limite massimo dei suddetti fondi. Viene data priorità alle fusioni o incorporazioni aventi maggiore anzianità in caso di richieste di contributo erariale superiore ai fondi stanziati. La criticità, più volte precisata per i Comuni fusi, è la difficoltà a rendere visibile nel bilancio l’utilizzo delle risorse straordinarie acquisite con la fusione, ovvero l’effettivo utilizzo in servizi e opere pubbliche. Ulteriore criticità è l’incertezza dell’ammontare effettivo, condizionato sia dallo stanziamento, sia dal numero dei beneficiari, sia dalla tempistica. Necessario, pertanto, una basilare e corretta progettualità e l’introduzione di un vincolo di destinazione con preferenze per gli investimenti delle risorse derivanti dalla fusione, vincolo, oggi, inesistente la cui assenza, purtroppo, non garantisce l’effettiva realizzazione della fusione, ovvero, del miglioramento dei servizi. Necessario un progetto di fusione, un progetto innovativo con capacità di innovare sia quantità che qualità dei servizi. Inutile ribadire che nelle fusioni dei Comuni Calabresi non esiste alcuna progettualità, studi specifici e non esiste, dunque, alcun dato concreto e valutabile come elemento oggettivamente positivo tendente a realizzare una buona fusione, con maggiore quantità e qualità di servizi. Non dimentichiamo la necessaria incentivazione anche da parte delle Regioni, come hanno previsto tutte le Regioni virtuose, per garantire la buona riuscita dei processi di fusione. Il TUEL fissa apposita incentivazione per promuovere il processo di fusione dei Comuni da parte delle Regioni. Incentivazione che la Regione Calabria non ha fissato. C’è da augurarsi, in allineamento alle virtuose, per garantire il successo del processo di fusione, la lungimiranza della Regione Calabria nel fissare il necessario contributo ai Comuni Calabresi già fusi o in procedimento di fusione. Confronto Europeo - Situazione diversa, nelle modalità e nelle legislazioni, quella Europea da quella Italiana. Governo Danese: ha basato la soppressione dei Comuni con meno di 20 mila abitanti, accompagnata da una riorganizzazione delle competenze, il cui fulcro è lo sviluppo del welfare, non certo la sua eliminazione. La riforma in Danimarca ha portato anche ad una riduzione delle Regioni, dal 2000 al 2007 da 14 Regioni si è passati a 5 Regioni. Governo Francese: come il governo Danese prevede la fusione per ridurre la spesa ma, soprattutto, indirizzata a migliorare i servizi dei cittadini e a ridefinire il sistema di fiscalità. La Francia ha molto puntato sulle modalità di associazione intercomunale fondate sulla libera volontà dei Comuni di elaborare, insieme, progetti di sviluppo. Lo scenario Italiano è simile nella volontà di sopprimere i Comuni ma le legislazioni e i sistemi sono differenti. Per non parlare delle Province che Francia e Spagna mantengono mentre l’Italia con la Legge Delrio elimina ma con una norma inadeguata e già, due anni dopo dalla sua promulgazione, al vaglio per la relativa riforma delle città metropolitane. Confronto con le altre Regioni - Tutte le altre virtuose Regioni Italiane, hanno programmato le fusione dei piccoli Comuni. Ricordiamo che l’intento del Legislatore, di cui alla delega 42/2009, è sempre stato quello di risolvere la tematica dei “ piccoli Comuni” che rischiano, per popolazione ridotta, a non avere una adeguata erogazione dei servizi essenziali e un conseguente degrado del territorio. Il caso dei Comuni Calabresi, Corigliano – Rossano, non di certo piccoli, fuoriesce dalla previsione e dall’intento del Legislatore Nazionale. Tutte le altre Regioni hanno accompagnato il processo di fusione da ponderosi, accurati, pregevoli studi di fattibilità. Tutte le altre Regioni hanno fissato una elevata partecipazione dei cittadini e delle forze sociali.
Ben noto il caso Corigliano – Rossano, ove, invero, non vi è mai stato un confronto politico tra i due Consigli comunali e di dialogo tra i due Sindaci (sfociata anche in vero e proprio scontro elettorale). Tra le Regioni virtuose basta prendere ad esempio la Lombardia: ha previsto anche le modalità e la progettazione della fusione per incorporazione fissata dalla Legge Delrio, mentre la Calabria resta ancorata alla vecchia Legge 13/83. Ha fissato la presentazione della domanda di fusione “ corredata da adeguato progetto”. Ha fissato la partecipazione dei cittadini e delle forze sociali ed economiche presenti nel territorio, ovvero una fase preliminare di confronto tra le Amministrazioni Comunali e i cittadini. Alla luce delle osservazioni nei 60 giorni di pubblicazione del progetto di fusione, i Comuni approvano eventuali controdeduzioni, oppure, qualora prevalga l’orientamento contrario della proposta sarà necessario interrompere il procedimento. Inutile ricordare che tutta questa virtualità, questa forma di partecipazione, al fine di garantire il buon andamento del relativo procedimento, è totalmente assente nei procedimenti di fusione dei Comuni Calabresi. La Regione Abruzzo – Caso Nuova Pescara – ha dimostrato, davanti ai grandi numeri non previsti dal Legislatore, ovvero davanti all’esito del Referendum Fusione dei Comuni di Pescara – Spoltore – Montesilvano, un unicum a livello Nazionale, una grande responsabilità politica. Tale processo per la Regione Abruzzo “avviene in esito ad un processo tanto realisticamente quanto responsabilmente, non si può immaginare possa essere portato a realizzazione in un batter di ciglio e/o per effetto di un semplice tratto di penna. La gradualità deve essere, pertanto, uno dei principi tratti distintivi di un razionale processo di fusione. Gradualità che comunque non può tralasciare di segnare risultati positivi immediati in relazione all’esercizio congiunto di funzioni e di erogazione condivisa dei servizi da parte dei tre Comuni coinvolti. Si tratta di una fusione ( necessariamente) differita al 1 gennaio 2019, differimento che la norma e la giurisprudenza consentono e che trova conferma nelle esperienze di altre realtà, tenuto conto che non ci sono precedenti in Italia nella storia recente di fusioni di Comuni con queste dimensioni e che le stesse normativa nazionali sono state immaginate e scritte per processi di fusione relative a piccoli comuni. Data la complessità di convergere grandi strutture amministrative già esistenti e atteso il vincolo di garantire servizi qualificanti” (Prof. Romano Orrù docente di Diritto Costituzionale coordinatore del gruppo di lavoro sulla Nuova Pescara per conto della Presidenza della Regione Abruzzo). La proposta di Riforma Orlandino Greco e Franco Sergio – n. 244 La proposta di legge di Orlandino Greco e Franco Sergio, in riforma alla obsoleta Legge Regionale 13/83, parte da 4 indiscutibili principi e regole necessarie per garantire il buon andamento del processo di fusione, per come fissa la stessa Legge Delrio che parte dal processo di riordino territoriale basato sui principi del buon andamento ( art 97 Cost.) ed adeguatezza funzionale (art. 118 Cost.). 1) Prima Regola necessaria per affrontare una giusta fusione, prevedere gli studi di fattibilità, fissati da tutte le Regioni. 2) Seconda Regola, la previsione di un quorum. La reale partecipazione dei cittadini è fondamentale in un Paese democratico. Basta prendere ad esempio il caso Corigliano – Rossano che ha visto una partecipazione al referendum del 32,97%, 12.507,00 votanti su 38.236 aventi diritto hanno deciso le sorti di una città. L’astensionismo e la disaffezione al voto è un fenomeno da considerare e affrontare. Una tematica seria e delicata che potrebbe portare allo smantellamento della democrazia. Non potendo costringere l’intero corpo elettorale a recarsi alle urne, il quorum diventa necessario. Non dimentichiamo, a tal uopo, le vedute del Costituente Mortati. Per Mortati il referendum era uno degli istituti atti a “ a far sì che il popolo non sia una istanza pura e semplice di preposizione ma divenga invece un organo di decisione politica, chiamato a dire la sua parola decisiva quando si presentano questioni di vasto rilievo politico”. Il Costituente, congiuntamente ad altri illustri suoi colleghi, all’Assemblea Costituente del 21 gennaio 1947, hanno chiarito e precisato l’importanza di una percentuale di quorum a garanzia della democrazia ed hanno ribadito: “ che ammettere un referendum al quale abbia partecipato uno scarso numero di elettori, si ammette un principio che può essere gravido di conseguenze molto importanti e pericolosissime”. 3) Terza Regola, la sommatoria dei voti tra i comuni interessati al referendum, il noto articolo 44 della Legge Regionale 1983 impropriamente modificato. Non può esistere, per decidere una fusione, il calcolo di una sommatoria dei Comuni interessati. La volontà singola dei Comuni va, assolutamente, rispettata. La decisione dei singoli Comuni diventa vincolante. Il mancato rispetto della volontà popolare del singolo Comune che decide di non fondersi con gli altri, diventa arbitrio e restano “ cittadini senza scettro”, lo scettro della sovranità, come nell’assurdo caso di Spezzano Piccolo. 4) Quarta Regola, la previsione di escludere, nel rispetto della sovranità popolare, i Comuni che non hanno votato favorevolmente alla fusione e ridare agli stessi “ lo scettro della sovranità”, oggi arbitrariamente soppressa. Nel testo di riforma presentato da Orlandino Greco e Franco Sergio, che la Regione avrebbe già dovuto approvare prima di avviare i processi di fusione, come le Regioni virtuose del centro e del nord le quali dapprima hanno fissato le regole e poi avviato le procedure, solo un lettore miope non vede la volontà positiva di avviare i processi di fusione, processi però fatti bene, con progettualità e diretti a garantire una effettiva volontà dei cittadini e una effettiva realizzazione del miglioramento dei servizi. “ Il rispetto del principio di partecipazione delle Comunità locali è diretto a garantire l’autonomia degli enti minori nei confronti delle stesse Regioni per evitare che queste possono addivenire a compromissioni dell’assetto preesistente senza tenere adeguato conto delle realtà locali e delle effettive esigenze delle popolazioni direttamente interessate” (Corte Costituzionale sentenza 453/1989). La lungimiranza che ci si aspetta dalla Regione Calabria è quella di predisporre, nell’immediatezza e in adeguamento alle Regioni virtuose, riforme e incentivazioni, necessarie per garantire procedimenti di fusione fatte bene, con effettivo e tangibile vantaggio e miglioramento dei servizi per i cittadini ed evitare “compromissioni dell’assetto preesistente senza tenere adeguato conto delle realtà locali”.

Graziella Algieri

Responsabile Regionale IDM Riforme Istituzionali – Autonomie Locali -
    COMUNICATO STAMPA
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