Domenica 27 agosto Viaggio letterario dedicato a “Il Gattopardo” |
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Il Castello Ducale come Palazzo Gangi con il prof. De Rosis e il Gruppo “Gli Amici dell’Arte” |
sabato 19 agosto 2017 18:52 |
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È considerato il primo bestseller della narrativa italiana. Pubblicato postumo nel 1958, ad un anno dalla morte del suo autore, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, “Il Gattopardo” è ormai un classico della Letteratura contemporanea. Il dattiloscritto era stato presentato alle case editrici Mondadori ed Einaudi nel 1957 ed entrambe ne avevano rifiutato la pubblicazione (con lettera personale di Elio Vittorini, la seconda). Venne quindi pubblicato un anno dopo, per iniziativa di Giorgio Bassani, editor della Feltrinelli, e rivisto successivamente (confrontando bozze ed integrazioni) per l’edizione del 1969, che è poi quella definitiva. A tal proposito, può essere interessante chiedersi quali siano stati i motivi del rifiuto dell’opera da parte delle case editrici, delle numerose critiche negative rivolte a questo testo dopo la sua pubblicazione e quali, invece, le ragioni che spiegano il grande valore letterario attualmente attribuitogli. Ambientato nella Sicilia del 1860, il libro racconta le vicende del Principe Salina, della moglie Stella e dei loro sette figli, nonché della lenta decadenza della classe sociale d’appartenenza, la ricca aristocrazia terriera siciliana. Vincitore del Premio Strega nel 1959, “Il Gattopardo” divenne un film per la regia di Luchino Visconti nel 1963, aggiudicandosi la Palma d’Oro a Cannes. La durata eccezionale (3 ore e 20 minuti), il cast di attori di primissimo piano, con Burt Lancaster e Claudia Cardinale in testa, il fasto delle scene che spesso giunge a culmini mai visti, fanno ben comprendere il costo altissimo che la Titanus ha raggiunto per realizzare la pellicola: tre miliardi di vecchie lire. Ed è proprio dedicato a “Il Gattopardo” l’ultimo degli appuntamenti culturali dell’Estate 2017 ideati e curati dal prof. Giuseppe De Rosis e dal Gruppo “Gli Amici dell’Arte”, rispettivamente caparbio mentore e audaci collaboratori capaci di dar vita – con impegno e passione quasi devozionali – ad uno staff di donne e uomini accomunati dall’amore per lo studio e la ricerca, nonché dalla condivisione del Bello nelle sue innumerevoli sfaccettature. L’appuntamento è per domenica 27 agosto, alle ore 21.00, presso il Castello Ducale di Corigliano Calabro. A coordinare la manifestazione – che prevede i saluti del prof. Tommaso Mingrone, assessore comunale alla Cultura – sarà la dott.ssa Anna Milieni. La regia tecnico-audio sarà invece appannaggio del sempre solerte prof. Francesco Verardi. Personaggi e trama dell’opera saranno tracciati, nel corso dell’iniziativa, dal prof. De Rosis, come di consueto con il prezioso ausilio di interpretazioni di testi all’uopo selezionati. Per una sera, i protagonisti del romanzo e le loro passioni torneranno a rivivere nella sontuosa cornice del Castello Ducale, in primis la figura del principe di Salina, contrappunto fra il prepotente vigore signorile, l’orgoglioso sentimento aristocratico, il piglio autoritario e il nobilissimo animo che gli fa accettare con sorridente malinconia l’incalzare dei tempi nuovi. Il tramonto del suo vecchio mondo borbonico davanti all’avanzata garibaldina coincide con il suo declino fisico. Il senso di una fine che scava e corrode una quercia maestosa. “Il Gattopardo” di Visconti – come sarà spiegato nel corso della manifestazione – non segue letteralmente il romanzo (argomento, questo, peraltro già affrontato dalla stampa sia al suo debutto che negli anni successivi); se ne discosta infatti in più punti, e spesso l’interpreta a modo suo. L’ambiente aristocratico siciliano è molto più fastoso, opulento di quel che non figuri nel libro di Tomasi di Lampedusa. Il carattere della nobiltà siciliana del tempo, se viveva in una cornice monumentale, era al tempo stesso più parsimonioso. Ma questi sono particolari un po’ secondari. L’intervento interpretativo di Visconti si fa sentire molto di più nella tesi che egli adombra nel film. Egli amplifica e irrobustisce ciò che nel romanzo appare molto più sfumato: l’adesione trasformistica dei «galantuomini» siciliani alla vittoria dei piemontesi. Il vero telaio del film è l’illustrazione di questa operazione di cui Tancredi è il portabandiera e il teorico. “Bisogna che tutto cambi – egli dice – perché tutto resti come prima”. La parte forse più suggestiva del film è il gran ballo finale a Palazzo Gangi. La scena dura letteralmente un’ora e nell’ambiente festoso, scintillante, tra valzer, crinoline, rosoli, in cui la nobiltà di Palermo stringe la mano agli alti ufficiali piemontesi, e particolarmente al colonnello che fu in primo piano nell’azione di Aspromonte, si disegna il melanconico tramonto dei principi Salina. Claudia Cardinale, nella parte di Angelica, effonde la sua bellezza dalla nuvola bianca dell’abito da sera che indossa. La scena del ballo prepara la conclusione. All’alba, mentre gli ospiti tornano alle loro case, alcuni «cafoni», che avevano creduto di potersi impadronire delle terre dei loro padroni, vengono fucilati dalle nuove forze dell’ordine.
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COMUNICATO STAMPA
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