#iodamorenonmuoio, ampia partecipazione allo spettacolo teatrale all’ITG “Falcone e Borsellino” |
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lunedì 10 aprile 2017 17:16 |
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Far riflettere e sensibilizzare sulla violenza di genere, contribuendo ad individuare in tempo quei “campanelli d’allarme” che, spesso trascurati, possono celare insidie pericolose. È stato questo l’obiettivo dell’iniziativa promossa dall’Istituto di Istruzione Superiore “Nicholas Green – Falcone e Borsellino” diretto dal dirigente scolastico ing. Alfonso Costanza, che attraverso lo strumento del teatro ha offerto agli studenti e ai docenti un momento di riflessione su una tematica ancora oggi purtroppo tristemente diffusa.
Lo scorso sabato 8 aprile, nell’Aula Magna dell’Itg “Falcone e Borsellino” di Corigliano scalo, si è svolta la rappresentazione teatrale tratta dal libro “#iodamorenonmuoio” di Arcangelo Badolati con il contributo artistico di Federica Montanelli.
Il Dirigente Costanza ha espresso grande soddisfazione per l’ampia partecipazione degli studenti ad uno spettacolo che ha trattato una tematica di grande attualità ed importanza.
Lo spettacolo ha descritto un viaggio negli abissi delle anime e della carne femminile accompagnato, quasi come uno spartito musicale, da testi teatrali e letterari curati dalla giornalista Federica Montanelli che raccontano ancora il dolore e la mostruosità umana ma, attraverso la parola alta della letteratura, consentono una straordinaria catarsi. Perché il viaggio è negli abissi ma sono proprio gli abissi che lasciano spazio alla grandiosità delle donne. Di tutti i tempi e di tutte le latitudini.
Dopo l’incontro con l’autore, tenutosi lo scorso anno, la dirigenza dell’IIS “Green – Falcone e Borsellino” ha fortemente voluto questa ulteriore iniziativa al fine di proseguire, a scuola, il processo di educazione ai sentimenti e alle relazioni che fa parte di una didattica ampia e attenta alla società moderna. Lo spettacolo teatrale “#iodamorenonmuoio” si pone l’obiettivo di aprire una finestra su un fenomeno delicato e complesso, educando le giovani generazioni a riconoscere gli “alert” e a segnalare qualunque tipo di “devianza”, nel tentativo di sconfiggere retaggi culturali atavici e di infondere un vero e proprio “alfabeto dei sentimenti” in grado di distinguere l’amore vero da quello malato.
C’è un leit motiv che collega la stragrande maggioranza dei femminicidi, a prescindere dal luogo geografico in cui avvengono: quasi tutti erano uomini con cui la donna aveva o aveva avuto una relazione più o meno lunga. Ciò che caratterizza tutti questi casi è che l’uomo arriva ad uccidere quando non ha più il controllo, quando sente di perdere quella che non considera una persona degna di vivere ma una sua proprietà.
Dietro gli omicidi spesso ci sono persone – senza volerle giustificare – che usano la violenza come strumento per prevalere su un’altra persona che non riescono a gestire alla pari, con la quale non riescono a usare la comunicazione, la gestione del conflitto in maniera costruttiva, perché non riconoscono, sia a livello personale che culturale, il confronto come valore.
È un po’ come i ragazzini a scuola: se fai il bulletto sei un gran fico, se invece non fai il bulletto sei una “femminuccia”. I genitori hanno questa responsabilità. È un fenomeno a 360 gradi, basta accendere la televisione.
Bisogna avere la consapevolezza, delle volte, che quel che è stato non ritorna, ma doveva essere, perché altrimenti noi non saremmo diventati quel che siamo. Le storie d’amore finiscono. Quel che conta, però, è fare in modo che non ci annientino. Perché perderemmo quel che abbiamo di più prezioso: noi stessi.
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COMUNICATO STAMPA
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