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L’orgoglio di perdere tempo, il bisogno dello spazio
 martedì 1 novembre 2016 09:58
L’orgoglio di perdere tempo, il bisogno dello spazio Molti pensatori nel corso della storia hanno tentato di trovare delle definizioni condivisibili dei concetti di tempo e di spazio.

Come ben potete immaginare, a regnare è sempre stato il relativismo, lo stesso relativismo che si presenta ogni qualvolta dobbiamo trovare delle spiegazioni ad un qualche fenomeno.
Lo stesso relativismo che comanda all’interno dei confronti generazionali: ogni generazione vede qualcosa che le altre generazioni non vedono.
Ma bisogna fare molta attenzione, quello che bisogna proprio evitare è uno sterile conflitto fra “adulti” e “giovani“, dove ognuno cerca di tirare acqua al proprio mulino scaricando responsabilità e colpe su altri, uno scontro che porta ancora più problemi di quanti già non siano presenti nel sistema scolastico italiano.
Siamo consapevoli del fatto che forse questo discorso potrebbe apparire strano ed insolito, ma senza una buona dose di coraggio e di sincerità, difficilmente certe questioni compierebbero passi in avanti.
Da buon rappresentante d’istituto potrei tranquillamente scrivere un rigoroso comunicato dove vengono illustrate le motivazioni che ci hanno spinto a rioccupare nuovamente la nostra scuola, ma la verità è che in realtà servirebbe a poco, la verità è che questa sarebbe soltanto l’ennesima mattonella aggiunta al muro del non dialogo, perché a tutti quanti voi non interessa davvero sapere le motivazioni delle nostre iniziative, ma vorreste cercare di capire il “perché” delle nostre iniziative.
Gli occhi più attenti avranno notato la scritta sul nostro cartellone “c’è bisogno di spazio”, gli occhi più attenti sanno che dietro domande complicate esistono risposte non semplici, gli occhi più attenti troveranno forse un senso in questo articolo, altri no, forse perché a formarli è stata proprio quella scuola che non lasciava così tanto spazio a riflessioni di tale genere, quella scuola che ha insegnato a collegare ad ogni domanduccia una risposticina precisa, quella scuola che fortunatamente non esiste più.
Certo, non ci azzardiamo a dire che quella attuale invece sia la perfezione, anzi. Ma essere contro qualcosa non significa necessariamente appoggiare il suo opposto.
Ritorniamo un attimo al discorso iniziale: lo spazio e il tempo. Per non far torto a nessuno, mi baso sulla più neutrale Treccani.

Il tempo è “l’intuizione e la rappresentazione della modalità secondo la quale i singoli eventi si susseguono e sono in rapporto l’uno con l’altro.”

Nonostante le definizioni, non esiste una visione unica del “tempo”, sono infinite le sfumature che questo concetto può assumere, sono “diversi” i “tempi”. E proprio perché troppo spesso veniamo accusati di perderlo questo benedetto ed utilissimo “tempo”, dobbiamo cercare di fornire una traduzione di tutto ciò.

Esiste una categoria di persone che vede nella perdita di una settimana di scuola danni irreparabili, che considerano che nel “tempo” delle ore di lezione e di studio si possano trovare tutte le soluzioni ai problemi della vita. E’ facile smentire queste persone. Chi afferma ciò nega la potenza del “tempo” della settimana di occupazione: fatto di assemblee, confronti, idee, attività di espressione, emozioni, riflessioni, conoscenze, gruppi di discussione, responsabilità, sogni, polemiche e altri innumerevoli momenti di inimitabile intensità.
Non si intende certo negare l’importanza del primo “tempo” citato, ma non possiamo chiudere gli occhi nei confronti del secondo. Soprattutto quando il “tempo” delle ore di scuola regolari a volte sfortunatamente non è nient’altro che un contenitore vuoto di nozioni passate svogliatamente da una moltitudine di professori stanchi, poco comunicativi ed incoerenti.
Proprio perciò, ci permettiamo di affermare provocatoriamente che ogni tanto siamo orgogliosi di buttare via certo “tempo” per lasciare spazio anche ai nostri momenti, momenti autorganizzati di forte efficacia ed eguale importanza, momenti dove ci piace pensare e progettare ad un modo diverso di vedere e vivere il sapere. Momenti che la scuola istituzionale non sempre ci sa dare.
E se pensate che con lo “spazio” invece i problemi siano minori, vi sbagliate.

Lo spazio, “il luogo indefinito e illimitato in cui tutte le cose occupano una parte, e vi assumono una posizione.”

Lo “spazio” instabile ed insicuro degli edifici nei quali studiano la maggior parte degli studenti italiani.
Lo “spazio” che ormai da dicembre 2015 manca presso il nostro istituto, lo “spazio” che è negato da anni ai disperati studenti del Giovanni Colosimo costretti a stare in una scuola-appartamento prima e a stringersi come sardine in classi-scatolette ora quando una loro struttura sarebbe dovuta essere già pronta.

Lo “spazio” che percorriamo ogni mattina fra le nostre case e la scuola su dei trasporti insoddisfacenti e tremendamente cari a causa dei soliti signori del profitto e di una Regione indifferente. E non si provi a spacciare la delibera con la DGR n°367 del 27/09/2016, ovvero l’abbonamento scolastico con facoltà del gestore, come una soluzione a questa maledetta situazione.
E se la società non vuole donarcelo questo giusto “spazio” di espressione, di aggregazione, di ascolto, di incontro, siamo costretti a crearcelo da soli.
Ce lo creiamo da soli indipendentemente da quanto possano dire alcuni giornalisti, genitori , docenti, dirigenti scettici e critici vari. Criticare significa giudicare qualcosa che si conosce, e la maggior parte di questi commenti provengono da persone che mai hanno oltrepassato davvero i nostri cancelli.
Non calcoliamo minimamente chi si permette di ridurre l’operato degli studenti ad un insieme di gesti infantili e immaturi, come se fosse un gioco abitare 144 ore dentro una scuola, dormire su dei banchi non meravigliosamente morbidi, avere a che fare con compiti di uno sforzo nervoso e fisico immenso.
E sfidiamo tutti a dimostrare il contrario, sfidiamo tutti a negare al nostro Liceo il ruolo chiave che da anni svolge, di riferimento per tutte le scuole del territorio e non solo, sfidiamo a negare le nostre eccellenze (solo l’anno scorso vincitori del festival del teatro scolastico, del Certamen, concorso di scrittura “Lea Garofalo”, concorso di poesia “Fabiana Luzzi”, concorso di scrittura “Giovanni Ghinazzi”, qualificazione regionale alle “Olimpiadi della cultura e del talento”, concorso “Faccio politica perché”, qualificazioni provinciali alle “Olimpiadi di filosofia” e alle “Olimpiadi di astronomia”), sfidiamo chiunque a negare la nostra forza e le nostre capacità.
E non accettiamo di essere bollati come studenti negligenti, perché siamo tutto tranne che negligenti, perché noi siamo la scuola dalla quale sono sempre partite quasi tutte le battaglie della storia recente di questo territorio, noi siamo la scuola della vivacità intellettuale che ci ha sempre contraddistinto.
E chi crede di gettare fango su questa scuola, si ricordi che prima di tutto la scuola è fatta di studenti.
E quindi gettare fango sulla scuola significa gettare fango prevalentemente su noi studenti, sui vostri figli, fango che respingiamo fermamente da quella parte di adulti (il conflitto lo evitiamo si ma certe cose vanno dette) che non ha concluso mai nulla, quella parte di adulti che non ha mai intrapreso una strada per una società diversa, o che quando ha tentato, ha fallito miseramente.
E a tutti coloro che affermano di non essere d’accordo con ciò che diciamo e facciamo, facciamo notare che i cambiamenti nel mondo hanno avuto inizio proprio nell’istante in cui qualcuno ha cominciato a fare qualcosa che agli altri non stava bene.
Dargen D’amico, rapper controverso e attuale, canta: “la mia generazione non ha futuro, ma ancora voglia di ballare”, e nonostante le nostre tantissime imperfezioni che ammettiamo con umiltà, la nostra “voglia di ballare” e di prenderci da soli un futuro che non c’è stato mai garantito e prospettato, non svanisce. Come non svanisce il nostro orgoglio di essere perditori di “tempo” e bisognosi cercatori di “spazio”.
    LICEALI CORIGLIANO
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