Diciamolo una volta per tutte: è inutile attardarsi a parlare del fatto che la crisi sanitaria cui ci ha costretti il Covid-19 stia comportando una complessiva ridefinizione dell’idea di lavoro. È ancora fondata su di esso la nostra Repubblica? Da diritto inalienabile che ci consenta di condurre una vita dignitosa è stato ridotto a semplice concessione per la quale ringraziare chi lo elargisce. In Italia non abbiamo alcun bisogno di immaginare un nuovo modo di legare lavoro, ambiente, salute ed esigenze sociali: preferiamo affidarci al consueto paradigma che sovrappone ancora una volta benessere e sviluppo a cantieri di grandi opere che, quando e se saranno chiusi, lasceranno persone e territori nelle medesime condizioni di miseria in cui versano adesso. E, così, saremo di nuovo pronti ad avventarci sugli ossi che avranno la bontà di lanciarci. Deve leggersi in quest’ottica la bellissima notizia appena diffusa, con il tovagliolo sulla mano e la mano sui testicoli, da Giancarlo Cancelleri, viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: a metà maggio, gli italiani, che non aspettano altro che rimettersi in moto e rimboccarsi le maniche, potranno sfogarsi sui cantieri del terzo megalotto della s.s. 106. È da chiarire come faccia il viceministro a dirlo visto che ancora mancano l’approvazione del progetto esecutivo del secondo lotto funzionale e la verifica di ottemperanza ambientale. Dettagli! Le lungaggini burocratiche sono state finalmente vinte e, allora, avvisate i vostri cari, spolverate cazzuole e cambiate i manici ai picconi: la s.s. 106 TER comincia il suo viaggio e avrà sicuramente bisogno di tutti quelli a cui il baronetto locale ha promesso un posticino! Salvo poi, quando la Festa sarà passata e il santo gabbato, ricominciare a bussare con i piedi alle solite porte. In fondo, sono queste le risposte che ci aspettiamo da chi governa: risposte fatte di concretezza e prive di svolazzanti fantasie inneggianti alla qualità del lavoro, della vita e delle infrastrutture; risposte rivolte a comunità che, nel tempo, hanno accettato la distorsione progressiva e inesorabile delle vocazioni territoriali e che, talvolta inconsapevolmente, hanno contribuito alla definitiva destabilizzazione del tessuto sociale di cui ancora oggi riteniamo essere i primi depositari nel mondo. Inconsapevolezza che, però, non riguarda sindaci e amministratori, i quali hanno sempre saputo cosa fare e perché farlo. Vero? Il processo di svendita della nostra terra giunge adesso alla sua acme con la loro connivenza e il loro contributo decisivo. Ciò li rende colpevoli di non aver avuto nessuna visione e di essere stati incapaci di immaginare una prospettiva che fosse in grado davvero di tutelare il nostro futuro.
R.A.S.P.A. Rete Autonoma Sibaritide e Pollino per l’Autotutela
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