Mancano i normali servizi, non esistono né i Regolamenti né i Piani di zona previsti dalla legge 328/2000. Purtroppo la “strategia” qui è sempre stata quella di separare le persone in difficoltà dal resto della società: chi soffre disagio finisce in strutture di ricovero, non sono previsti servizi a domicilio e di prossimità, i pochi esistenti sono facoltativamente offerti dal volontariato ecclesiale e civile». Così don Giacomo Panizza, 73 anni, in una lunga intervista pubblicata su Famiglia Cristina descrive la condizione del Welfare nella regione. Dal 1976 il fondatore di Comunità Progetto Sud e oggi portavoce di Alleanza contro la povertà in Calabria è in prima linea da Lamezia Terme per combattere al fianco di chi è più debole. Una situazione difficoltosa che sembrava essere migliorata, secondo don Panizza, negli ultimi tempi. «Negli scorsi anni la Regione, i Comuni e il Terzo settore – rivela – avevamo lavorato insieme per la rottura di questo meccanismo e, con il regolamento regionale 22/2019, faticosamente raggiunto appena prima della tornata elettorale, avevamo inteso salvare i pochi servizi esistenti, che oggi sono gestiti dalla Chiesa e dalle cooperative sociali. Il Regolamento favorisce inoltre l’aggiunta dei vari interventi sociali mancanti al Welfare regionale». Poi è successo qualcosa: lo scorso 26 marzo in Consiglio regionale è arrivata la richiesta di sospensione di quel regolamento. Una scelta che, secondo il fondatore Comunità Progetto Sud, rivela a Famiglia Cristiana, «tra l’altro, la Calabria non può nemmeno ricevere i soldi previsti in materia di Welfare dallo Stato e dall’Unione europea in quanto Regione non in regola perché ferma a oltre trenta anni fa, alla Legge regionale n. 5 del 1987». Da qui anche l’amara constatazione di don Panizza: «La politica calabrese non ha mai contrastato la povertà ma i poveri. E i poveri non se ne accorgono perché non conoscono i servizi legittimi di cui sono privati». E alla Domande della cronista della rivista cattolica del perché di questa decisione, il portavoce di Alleanza contro la povertà in Calabria non lascia margini al dubbio: «Basti pensare alla logica del clientelismo, tanto comoda ad esempio alla criminalità organizzata, che ha bisogno di persone sottomesse». «Quando la politica offre servizi come se fossero favori una tantum e non diritti certi – sottolinea – fa molto male alla società perché la invischia e subordina. Bisogna estirpare i metodi clientelari e il primo passo è dotarsi di oggettivi regolamenti e leggi nazionali». E a proposito della povertà in Calabria e degli effetti che sta causando l’emergenza Coronavirus su ampie fasce della società, don Panizza fa un esempio: «la mia parrocchia copre un territorio esteso e in dieci frazioni i cellulari non prendono. Come possiamo immaginare la didattica a distanza? I giovani stanno pagando la possibilità di apprendere, senza mezzi adeguati la povertà educativa è destinata ad aumentare».
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