Una scelta avventata, dettata dall’emotività del momento senza alcun preventivo confronto con gli operatori in prima linea all’ospedale di Castrovillari. Soprattutto perché la struttura non sarebbe stata dotata di personale, mezzi e strumenti per garantire una corretta gestione dei pazienti affetti da Coronavirus. È quanto in sintesi denunciano i responsabili di sei sodalizi calabresi – Associazione famiglie disabili (Afd), Associazione medici cattolici (Amci) , Associazione volontari italiani sangue (Avis), Associazione volontari ospedalieri (Avo), Associazione amici del cuore e Associazione solidarietà e partecipazione – che in una lettera inviata al sindaco di Castrovillari, Domenico Lo Polito, al presidente della giunta regionale, al commissario per Piano di rientro, al direttore generale del dipartimento regionale Salute, al commissario straordinario dell’Asp di Cosenza e alla direzione medica del presidio ospedaliero di Castrovillari. Nel mirino delle associazioni il provvedimento emanato il 12 marzo scorso dall’Asp di Cosenza che ha individuato appunto l’ospedale di Castrovillari come Centro Covid 19 dell’intero territorio cosentino e il successivo che ha disposto la riapertura dei ricoveri nella divisione di Broncopneumologia. «Ricoveri – fanno notare le associazioni che hanno denunciato il caso – in precedenza interrotti per la gravissima carenza di dotazione di Personale medico (2 unità, comprensive del responsabile della divisione!)». Nello stesso provvedimento a firma del Commissario straordinario del Policlinico “Mater Domini” di Catanzaro, nonché commissario straordinario ad interim dell’Asp di Cosenza, segnalano i vertici delle sei associazioni di medici e volontari sanitari, «prevedeva, per l’Ospedale di Castrovillari, un incremento di 38 posti letto, così ripartiti: 10 di Terapia Intensiva Generale e Anestesia; 14 Posti di Terapia Intensiva e sub-intensiva Respiratoria; 14 di Pneumologia». «Nella stessa disposizione – aggiungono – veniva altresì individuato un medico esterno a cui era affidata la responsabilità delle strutture cui i nuovi 38 Posti Letto sarebbero afferiti (anche perché le Uu.Oo. di Broncopneumologia e Anestesia e Rianimazione sono ancora in attesa dei concorsi per i rispettivi direttori)) e un altro medico, attualmente in pensione, cui veniva temporaneamente affidata una attività di endoscopia toracica». «L’attività del Reparto di pneumologia – si legge ancora nella missiva – rimaneva in carico allo scarso Personale già in servizio, con l’ausilio di turni aggiuntivi da parte dei Medici di Anestesia e Rianimazione (già, per altro, di per sé carenti…). Nulla si diceva riguardo la gestione dei 14 posti letto di Terapia Intensiva e sub-intensiva, né sulla fornitura delle necessarie dotazioni di Dpi (Dispositivi di protezione individuali), di strumenti elettromedicali indispensabili per il supporto respiratorio di vario grado, nulla si diceva e si disponeva per integrare il personale sanitario, con i necessari ulteriori operatori forniti di competenze specifiche necessarie a garantire tutte le importanti e delicatissime funzioni legate all’assistenza di pazienti affetti (o sospetti tali) da Covid 19». Da qui la riflessione conseguente: «Ci pare che la decisione assunta dal vertice aziendale, probabilmente dettata dalla concitazione e gravità del momento, non sia condivisibile, né nei tempi previsti, né nelle modalità, perché effettuata forse alla luce di una non approfondita conoscenza della situazione logistico-organizzativa dell’Ospedale di Castrovillari». Secondo quanto riportato nella lettera, le associazioni denunciano una serie di disfunzioni legate a un’iniziativa che «non è noto» dicono «sia stata discussa e concertata con i Vertici sanitari regionali –Commissario e Dipartimento della Salute Regionali-, vista la sua evidente e ampia ricaduta che certamente non è limitata all’Ospedale di Castrovillari e al territorio circostante». Un provvedimento che, stando a quanto raccontato dalle sei associazioni, «ha portato ad un afflusso immediato e assai consistente di pazienti provenienti da zone diverse del territorio provinciale» ancor prima che «il personale sanitario in servizio nei vari Reparti ne fosse stato preventivamente e totalmente informato». Poi la missiva descrive nel dettaglio come sia stato gestito questo «afflusso» di pazienti. Stando al racconto, sarebbero stati «stati allocati in due diversi edifici dell’Ospedale: in un plesso, in Broncopneumologia e, nell’altro, in un’ala (vuota, chiusa e riaperta ad hoc) della Divisione di Medicina Interna». «L’assistenza ai pazienti stessi – segnalano – sarebbe stata fornita, per la grave e cronica mancanza di personale, per periodi di tempo non brevissimi da un infermiere unico, proveniente da reparti diversi». Ma non solo i dispositivi di protezione individuali «complessivamente carenti, sembra siano iniziati ad arrivare, almeno parzialmente, solo dopo l’afflusso dei primi pazienti ricoverati, con rischio per gli Operatori sanitari e conseguente, potenziale ampliamento del contagio anche al di fuori dell’Ospedale». Nella lettera, le associazioni denunciano anche altre gravi carenze che potrebbero mettere a rischio personale sanitario e pazienti. «Sembra – scrivono a questo proposito le associazioni – non siano state predisposte zone-filtro, a protezione dell’accesso all’area dei pazienti ricoverati». Ma non solo. «I percorsi di accesso in Ospedale e di movimento all’interno dello stesso – denunciano – così come le aree di esecuzioni di esami necessari – come la TC- dei pazienti ricoverati a rischio Covid 19, pare non siano stati rigorosamente garantiti per evitare “incroci” con quelli degli altri pazienti». Ed anche la tenda montata dalla protezione civile, nell’area antistante l’Ospedale, per essere dedicata al pre-triage dei pazienti potenzialmente affetti da Covid 19 «sembrerebbe non sia ancora operativa, per mancanza di dotazioni strutturali e personale dedicato». Infine, sempre secondo la denuncia delle sei associazioni, «pare, ancora che, allo stato, non siano ancora state fornite, né parrebbe sia preventivabile, con ragionevole certezza, una data per la fornitura (che non sembrerebbe tuttavia imminente), delle apparecchiature necessarie all’assistenza respiratoria intensiva e sub-intensiva dei pazienti di cui trattasi». Nella missiva le associazioni segnalano che «ove quanto rappresentato, e da noi raccolto da più fonti, rispecchiasse il reale stato dei fatti, verrebbe da dire che l’individuazione dell’ospedale di Castrovillari quale Centro Covid 19 per l’Asp di Cosenza sia stata quanto meno prematura». Questo perché, secondo le associazioni «l’accoglienza di una tipologia di pazienti così grave e complessa – quali quelli affetti (o a rischio) da Covid 19 – richiedesse una preventiva organizzazione basata sulla disponibilità di Dpi, apparecchiature mediche per il supporto respiratorio e personale sanitario specializzato e dedicato». Da qui l’appello lanciato alle autorità locali per «porre in essere, con urgenza, i dovuti adempimenti a tutela dei pazienti, degli Operatori sanitari tutti e dell’intera nostra Comunità». |