La stabilizzazione dei lavoratori ex-LSU/LPU, avvenuta nelle settimane scorse all’interno dei Comuni, ha finalmente posto la parola fine al precariato che questi lavoratori hanno dovuto sopportare per oltre 20 anni. Ma, nello stesso tempo, ha aperto nuovi problemi. Prima della stabilizzazione, questi lavoratori prestavano attività per non meno di 26 ore settimanali; non era il tempo pieno, ma almeno garantiva una certa dignità di reddito. Con la stabilizzazione, complici le limitate risorse dei finanziamenti statali e regionali, ma anche le indisponibilità di bilancio della stragrande maggioranza dei Comuni, questi lavoratori sono stati si assunti a tempo indeterminato, ma per sole 17/18 ore di lavoro settimanali, peggiorando di gran lunga le loro condizioni economiche, nettamente diminuite dopo oltre 20 anni di precariato. A ciò si aggiunga che, per facilitare le procedure di stabilizzazione, tanti di questi lavoratori sono stati assunti nelle categorie più basse (A o B), prescindendo dalle capacità professionali acquisite in tanti anni di lavoro svolto negli uffici e nei servizi più disparati. La stabilizzazione, alle condizioni poste, di centinaia di lavoratori, ci consente di affermare che si è creato un nuovo bacino di povertà, che stavolta riguarda il pubblico impiego; centinaia di lavoratori, assunti con rapporti di lavoro part time e con le categorie contrattuali più basse, significa infatti meno reddito e meno qualità del lavoro. Nei mesi scorsi, abbiamo lavorato molto con i Comuni, affinché si potessero recuperare quante più risorse economiche al fine di garantire migliori condizioni contrattuali per i lavoratori da stabilizzare. Nei Comuni di maggiori dimensioni – Corigliano-Rossano, Castrovillari, Cassano, Trebisacce, Villapiana ecc. – si è riusciti a garantire dei miglioramenti anche significativi. Ma l’appello lanciato da tanti Sindaci, soprattutto dell’Alto Jonio cosentino, deve suonare come un campanello d’allarme: senza ulteriori finanziamenti aggiuntivi, sia statali che regionali, i Comuni non sono in grado di migliorare le condizioni economiche e contrattuali di questi lavoratori; e così sarà per i prossimi anni. In pratica, a queste condizioni, il lavoro pubblico nei Comuni calabresi sarà costituito da rapporti di lavoro part time a basso reddito e poco qualificato, poiché le assunzioni nelle categorie più basse non consentiranno di assumere responsabilità d’ufficio, se non contando sulle disponibilità all’esercizio di mansioni superiori, che i lavoratori continueranno a svolgere pur senza l’adeguato riconoscimento economico e giuridico. Anche le progressioni di carriera saranno complicate, poiché la rigidità del meccanismo normativo impedisce che per i prossimi anni ci possano essere significativi adeguamenti verso le categorie superiori. La CGIL, FP e NIDIL da mesi stanno chiedendo che il Governo nazionale e la Regione Calabria facciano ancora la loro parte, incrementando il contributo annuale concesso agli Enti ai fini delle stabilizzazioni. Solleciteremo ulteriormente gli organi preposti, per dare dignità di reddito e di riconoscimento professionale per questi lavoratori. A meno che non si voglia costringere i Dipendenti Pubblici calabresi ad abbassare di fatto il valore medio retributivo del loro lavoro, che influenzerà anche al ribasso il rendimento futuro delle loro pensioni; e a meno che non si voglia istituzionalizzare il part time come modalità prevalente di lavoro nel pubblico impiego.
Vincenzo Casciaro – Segretario Generale FP CGIL Comprensorio Pollino-Sibaritide-Tirreno
Giuseppe Guido, segretario generale CGIL Pollino-Sibaritide-Tirreno
Vincenzo Laurito, segretario generale NIdiL CGIL Pollino-Sibaritide-Tirreno
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