La vicenda della nave quarantena Aurelia nel porto di Corigliano pone tutti noi di fronte, principalmente, a una questione di coscienza. Aldilà, infatti, delle valutazioni sulla mancata concertazione istituzionale, sul complesso delle politiche nazionali di accoglienza dei migranti, delle carenze infrastrutturali del nostri porto o delle possibili interferenze col turismo locale resta un dato incontrovertibile : ci troviamo di fronte a degli esseri umani arrivati dal mare in Italia e che , per le norme anti covid , sono sottoposti a quarantena in isolamento in luogo sicuro. E che per l’oggettiva difficoltà del Governo di individuare sulla terraferma luoghi sicuri ( senza, peraltro, suscitare fenomeni di allarme e rifiuto nelle popolazioni residenti ) sono stati destinati al confinamento su navi. Discutibile o meno questa soluzione “eccezionale“ è stata adottata già nell’aprile scorso , in piena emergenza e durerà presumibilmente almeno fino al 31 ottobre prossimo. Per cui queste navi continueranno a funzionare ed essere dislocate in vari porti italiani. Una misura eccezionale che ha colto la nostra comunità impreparata a una tale evenienza, sicuramente stizzita nell’apprendere di precedenti “rifiuti“ della stessa nave in altri porti, ma non per questo autorizzata a sentirsi estranea alla possibilità di essere investita dell’evento. Ma tant’e’, chiamata a dover decidere sul da farsi, è ora opportuno che faccia affidamento sulla intelligenza e la sua innata propensione ai sentimenti di umana compassione e di accoglienza. In riscontro alle quali, però, è pienamente legittimata ad attendersi tutte le garanzie necessarie in termini di sicurezza e tutela della salute pubblica, mediante una meticolosa sorveglianza dell’area portuale e del suo specchio d’acqua. E, nell’immediato futuro, l’attenzione che è dovuta ad un porto e un territorio punti di riferimento della fascia jonica cosentina e importantissimo nodo intermodale tra il corridoio adriatico e quello tirrenico. La classe dirigente locale dal canto suo, dovrà riuscire ad elaborare con chiarezza linee di intervento tese alla più razionale valorizzazione delle emergenze culturali, turistiche, agricole di un territorio che di per sé, richiamandosi all’antica Sibari, ha un valore universale. Dunque non crediamo che l’attracco temporaneo dell’Aurelia nel porto di Corigliano possa essere motivo di mortificazione di tali aspettative e del lavoro necessario a realizzarle. Semmai dovremo tutti concorrere a far sì che sia motivo per accendere i riflettori sul porto e sull’intero territorio.
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