La nuova casa, dove ci trasferimmo nel 1956, era grande e luminosa. Comoda e ben suddivisa, mi risultava ed era veramente bella. Con noi c’era ancora la nonna, che su tutti vegliava e a me regalava, con la parola ed il gesto, la sua continua benedizione. Dallo spuntar di primavera all’ultimo estivo tepore, quando la collina si indorava della luce del tramonto, nonna Giulia s’adagiava sulla sua sediolina di paglia, al terrazzo, e, nelle mani il rosario, pregava e pregava. Sempre. Nonna, o nonna.
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