Esprimo la mia personale solidarietà e quella del Partito della Rifondazione Comunista, ai due lavoratori e alle loro famiglie, che hanno deciso di protestare contro l’azienda salendo sulla ciminiera della centrale Enel di Corigliano-Rossano. Da quanto ricostruito sembra che i due dipendenti, lavoratori Enel da diversi anni, dopo essere passati con la società partenopea SAIT Spa, che si occupa dello smantellamento di una parte della struttura, sarebbero stati assunti a tempo determinato con la promessa futura di un contratto a tempo indeterminato. E’ veramente assurdo che un’azienda così florida, che dal mercato italiano riceve grande soddisfazione in termini economici e che spende tanti soldi in attività di marketing, che può permettersi di dare una buonuscita di sei milioni di euro al suo dirigente Scaroni, non abbia la minima sensibilità in relazione alla conservazione dei posti di lavoro. Si aspettavano la firma del contratto a tempo indeterminato, i due lavoratori, così come gli era stato promesso, invece, in pieno periodo di Coronavirus si sono visti recapitare a casa la lettera che li informava del mancato rinnovo del contratto, costringendoli a mettere in atto la plateale azione di protesta, nel disperato tentativo che qualcuno li ascolti. Ma a quanto pare non sono argomenti, quelli del lavoro, che possano interessare le istituzioni politiche, che a due giorni dalla protesta ancora non hanno fatto intendere come affrontare questo dramma. Non importa al signor Sindaco della terza città più grande della Calabria, così come non importa ai politici del territorio e alla Presidente della Regione Santelli, la quale non ci ha pensato due volte a strumentalizzare il disagio della categoria degli esercenti e che pur di raccattare qualche voto la settimana scorsa è uscita con un’ordinanza illegittima, prontamente bocciatale dal TAR Calabria, facendosi, noi con lei, sbeffeggiare da tutta Italia. Importa ancora meno al Presidente del Consiglio Conte, che nel decreto legge Cura Italia, all’articolo 46, pur stabilendo il: “…divieto di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, sia collettivo che individuale, indipendentemente dal numero dei dipendenti dell’impresa, per il periodo che va dal 17 marzo al 16 maggio 2020…”, questo non è estendibile ai lavoratori assunti con contratto a termine in scadenza durante il periodo di divieto, come se costoro fossero figli di un dio minore e non avessero anche loro delle bocche da sfamare. Riteniamo, invece, che l’attività d’impresa debba essere svolta anche mostrando sensibilità sia verso i lavoratori, guardando all’inclusione sociale, poiché non devono essere considerati solo un prodotto da assecondare alla logica del profitto, sia verso i territori, affinché non si trascuri la tutela e la salvaguardia dell’ambiente. La Calabria, ma questo territorio in particolare, sono terra operosa e non luogo di speculazione per gli avvoltoi del mercato, pertanto, invitiamo tutti coloro che a vario titolo ricoprono delle responsabilità a porre rimedio a questa triste vicenda e riportare la serenità nella vita di questi due lavoratori.
Antonio Gorgoglione – Segretario cittadino di Rifondazione Comunista
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