Carissime sorelle e carissimi fratelli, come sapete mi ritrovo da sabato scorso a Torino, realtà territoriale che, in queste ultime ore, è stata toccata dalla presenza del coronavirus. Anch’io, come voi, allarmato dalle notizie, ho sentito il bisogno di prendere le dovute precauzioni igienico-sanitarie, accogliendo le istruzioni che vengono dal Ministero della Salute.
In questo momento così difficile, tutti dobbiamo sentirci chiamati a trasmettere serenità, non abbandonando mai il buonsenso e la prudenza, ma allontanando da noi, con decisione, sentimenti discriminatori e polemiche sterili che contribuiscono solo a creare un clima di alta tensione.
Come afferma il comunicato concordato con i vescovi calabresi: “Ai presbiteri chiediamo di sostenere i fedeli con sapienza evangelica, trasmettendo loro fiducia, serenità, prudenza e buon senso. Presentiamo a Dio nostro Padre con la preghiera soprattutto gli ammalati, gli anziani, quanti operano nel settore sanitario e le famiglie eventualmente coinvolte con il contagio o sono in quarantena nelle ‘zone rosse’”.
Chiamati a coltivare la speranza, “confidiamo particolarmente nella potenza dell’Eucaristia, nella forza della preghiera e nella efficacia della penitenza, perché il Signore ci liberi e ci preservi da questo e da ogni altro male. Invochiamo soprattutto l’intercessione della Beata Vergine, Salus infirmorum e affidiamoci alla protezione dei nostri santi Patroni”.
Compiamo un esercizio di memoria e ricordiamo quanto la cultura italiana ci trasmette a proposito. Il Manzoni la peste non l’aveva vista, ma aveva studiato documenti su documenti, giungendo a descrivere nei Promessi Sposi la follia, la psicosi, le teorie assurde sulla sua origine, sui rimedi. Egli, nella sua abilità letteraria, giunse a narrare la scena di uno straniero a Milano (un turista) che, toccando un muro del duomo, venne linciato dalla folla perché accusato di spargere il morbo.
In tutto questo c’è una cosa che Manzoni descrive bene, e che riprende dal Boccaccio, un autore del Medioevo, che la peste l’aveva vissuta perdendo il padre: momenti come quello che stiamo vivendo sono momenti di prova, di discrimine tra umanità e inumanità.
Dobbiamo fare attenzione: un clima di paura e di panico non salva dalla possibilità di un’infezione ma ci rende sospettosi e capaci di odio minando il vivere civile. Tutto questo rischia di metterci gli uni contro gli altri.
Fede e cultura ci insegnano non ad evitare i guai, ma a saperli affrontare, invitando ciascuno a saper restare umani quando il mondo impazzisce.
“Pertanto – sempre come affermano i vescovi calabresi – unitamente ai comportamenti prudenziali ed ai suggerimenti del Ministero della Salute, nelle nostre comunità cristiane di tutte le diocesi della Calabria, per tutto il tempo necessario, adotteremo le seguenti misure:
– svuotare le acquasantiere;
– evitare di bagnarsi gli occhi con l’acqua benedetta in occasione dell’imposizione delle ceneri;
– evitare il segno della pace durante la Messa;
– dare la comunione solo sulla mano;
– evitare la comunione sotto le due specie;
– evitare, come in uso in molte delle nostre comunità parrocchiali le condoglianze, al termine dei f unerali, dei trigesimi e degli anniversari;
– lavarsi bene le mani (presbiteri, diaconi, ministri dell’eucarestia).
Con affetto grande vi esorto a prenderci cura gli uni degli altri e, confidando nella misericordia di Dio, poniamo gesti di alta responsabilità civile sostenendo il lavoro delle autorità preposte.
Mons. Giuseppe Satriano Vescovo della Diocesi di Rossano-Cariati
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