A dispetto della definizione piuttosto suadente di “fondo salva stati“, che sembra quasi richiamare il concetto di solidarietà e invocare un romantico senso di comunità, il MES rappresenta l’ennesimo tassello di un disegno più ampio che prevede l’arretramento della politica e la delega in bianco in favore di una fredda, cinica tecnocrazia che non conosce altre ragioni oltre quelle dei numeri, dei mercati, della finanza.
In pratica i Paesi dell’Eurozona hanno versato in questo fondo decine e decine di miliardi di euro, costituendo un’istituzione parallela a quelle che reggono l’Unione Europea, che segue logiche proprie e non risponde alle istituzioni comunitarie. In caso di difficoltà, per riprendere in prestito i loro stessi soldi, gli stati devono rispettare rigide condizioni e impegnarsi a portare avanti politiche “lacrime e sangue“ che in genere prevedono tagli lineari alla spesa per sanità, welfare, pensioni, privatizzazioni e svendite di asset strategici, riforme del lavoro che precarizzano e abbassano garanzie e salari per i lavoratori.
Ora, il MES esiste già, è stato istituito nel 2012, l’Italia lo ha ratificato ai tempi del governo Monti grazie al voto favorevole bipartisan di centrodestra e centrosinistra. Oggi si discute di una riforma del trattato.
Senza voler entrare nei dettagli tecnici che caratterizzano la proposta di riforma in esame in questi giorni, basti sapere che questa prevede l’aumento del “potere“ del MES nella valutazione che riguarda la possibilità di prestare i soldi ai Paesi che si troveranno in difficoltà, e le modalità subordinate alla concessione del prestito. In pratica sarà il MES ad avere l’ultima parola su processi che dovrebbero invece essere governati dalla politica, piuttosto che da organismi tecnocratici. Di contro, perdono margine di controllo e intervento gli organi politici e democratici dell’Unione. Inoltre, il nuovo trattato rende più facile il verificarsi di scenari di ristrutturazione del debito, che getterebbero sul lastrico i risparmiatori in possesso di titoli di Stato.
Probabilmente ad oggi pensare di smantellare il MES è qualcosa di irrealistico, ma si può e si deve almeno rispedire al mittente questa proposta di riforma assolutamente peggiorativa che non fa nulla per rendere più democratici e partecipati i processi decisionali dell’Unione Europea e dell’Eurozona, ma anzi va nella direzione opposta, che è quella di spostare pericolosamente l’asse delle decisioni verso piani sempre più lontani dai cittadini e dai loro rappresentanti.
Francesco Forciniti (M5S Camera) |