Si chiamava Sacko Soumaila, aveva solo ventinove anni,bracciante agricolo a pochi euro all’ora nella Piana, attivista sindacale,accampato con migliaia di altri lavoratori nella tendopoli di San Ferdinando. E’ stato ucciso senza pietà con una fucilata da lunga distanza,come si fa con le volpi , perché per continuare a “far la pacchia” quotidiana era andato a raccogliere quattro lamiere arrugginite in una fabbrica abbandonata da tempo.Ironia della sorte, nel terreno sottostante sembra sia ubicata una pericolosissima discarica di rifiuti e fanghi.Ma questo non sembra interessare piu’ di tanto gli ardimentosi sostenitori dell’Italia agli italiani”.Fortunatamente altri due connazionali son riusciti a salvarsi dalle fucilate di odio e morte ed ora raccontano del loro compagno,dei dettagli di pochi attimi prima che quel fucile esplodesse i suoi colpi,scavando nel nostro profondo con parole che dovrebbero umilarci per come silenziosamente accompagniamo le ingiustizie che hanno percorsi lontani.Come altri,migliai di altri calabresi,non conoscevo Sacko,ma la sua morte mi indigna ed addolora.Mi spinge a chiedermi in che Paese ci siamo ritrovati a vivere.Com’è accaduto che attorno a noi sia ricresciuta la malapianta del razzismo e del rancore verso il prossimo elevato persino a “pensiero sistemico”.Dovè smarrita la nostra cultura classica dell’ Est modus in rebus?
« Est modus in rebus sunt certi denique fines, quos ultra citraque nequit consistere rectum,insegnava Orazio: esiste una misura nelle cose; esistono determinati confini, al di là e al di qua dei quali non può esservi il giusto »Quel giusto limite è stato travalicato da tempo.E non solo nelle ultime settimane,perché dobbiamo dircelo con chiarezza:alcune delle leggi e decreti piu’ oscurantisti ed asolidali, in termini di immigrazione e di taglio ai diritti dei lavoratori portano nomi “progressisti”.I richiami fatui alla Costituzione sanno troppo di farisaica liturgia mentre negli anni appena trascorsi si sono inchiodate sulla croce della mercificazione i diritti umani e del lavoro.E’ un terreno ampiamente arato quello che oggi ci troviamo di fronte e la semina che si preannuncia ha l’acre sapore di sale su quanto resta della nostra umanità. Questa morte ci umilia ,offende nel profondo i deboli e soprattutto ci richiama alle nostre responsabilità.I silenzi continuano a generare mostri e l’indifferenza è complicità indiretta.In questo momento di dolore forse forzando l’emotività ripenso alla nostra Storia ed a quella giovane ragazza calabrese assassinata in un giorno di novembre di tanti anni orsono,si chiamava Giuditta Levato,bacciante agricola,incinta del suo terzo bambino,moriva uccisa da un colpo di fucile sul campo di lavoro mentre lottava per i suoi diritti e tramite il Senatore Poerio ci consegnava le sue ultime parole:sono morta per loro,sono morta per tutti…Non solo non abbiamo conosciuto Sacko,ma ancor piu grave non lo abbiamo riconosciuto come parte di noi e della nostra storia.Forse ci siamo definitivamente dimenticati chi siamo e da dove veniamo e cosi abbiamo smarrito anche il nostro futuro. |