Il testo che segue, dal titolo “Il paese raccontato” e a firma del prof. Giovanni Pistoia, appare come prefazione al nuovo libro del prof. Enzo Cumino – Il Ginnasio-Convitto “Girolamo Garopoli” (nascita e sviluppo della Scuola Media in Corigliano Calabro), Edizioni il Fondaco – presentato ieri a Corigliano.
“scrive Pavese: «Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra, c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti. Ma non è facile starci tranquillo.» Ma perché un paese ci sia, nel cuore e nella mente dei suoi abitanti, deve essere raccontato. Senza il racconto della sua storia, gloriosa o meno che sia, è come se non fosse mai esistito, e anche quel suolo che si calpesta non è un “paese” ma è altro, tutt’al più un agglomerato senz’anima. Un luogo-non luogo che non appartiene a nessuno, e né senti di farne parte. Un paese non esiste senza la memoria, senza il ricordo diretto, o indiretto, tramite pagine ingiallite che sfidano il tempo e narrano il tempo che non è più. Ma un paese “inesistente”, al di là delle apparenze, non può avere futuro. Il futuro è di chi vive il presente nutrito, ne sia cosciente o no, dall’energia, a volte arcana, delle proprie radici. E allora perché quel luogo sia, e sia comunità di corpi e emozioni, ha necessità di avere nel suo seno scavatori, minatori, seminatori. Ha bisogno di uomini e donne che, muniti di pazienza e disciplina, vadano a cercare pietre preziose da decodificare, volti che non sono più ma un giorno furono; fatti, eventi che reclamano di essere conosciuti e divulgati. Donne e uomini che ridiano respiro alla polvere degli archivi, parola a vecchie delibere, ad atti graffiati dagli anni. Uomini e donne, innamorati della storia e della ricerca storica, che vadano a cercare semi nascosti, perché possano essere colti da tutti, perché ritornino a nuova vita, a far germogliare nuovi giardini. Uno di questi “raccontatori”, cocciuto quanto attrezzato, è Enzo Cumino, autore di una ricca produzione che spazia in campi diversi. I suoi studi danno la possibilità di accrescere, e non di poco, il sapere di noi tutti, di arricchire il nostro patrimonio di conoscenze su tanti aspetti della storia locale: dalla devozione popolare alle figure di poeti e scrittori coriglianesi dal 1500 al 1997, dalla poesia dialettale alla musica, dalle donne -un itinerario nel mondo femminile dal 1300 al 2011- alla “riscoperta” dei mestieri di una volta, dalla ricostruzione della storia più complessiva di Corigliano Calabro all’evoluzione del sistema scolastico. È in tale contesto si colloca quest’ultimo studio: un circostanziato e documentato viaggio nell’iter burocratico che ha portato alla nascita e alla crescita di una delle strutture educative, per alcuni anni, tra le più importanti della Calabria. Si evince dal lavoro l’intelligente e costante impegno degli amministratori del tempo che, soprattutto a cavallo dell’Unità d’Italia, si adoperano ostinatamente per dotare Corigliano di una istituzione scolastica e culturale che ben si inserisca nel quadro del dibattito sulla istruzione pubblica nel nascente stato unitario. L’autore ripercorre meticolosamente i lunghi anni che testimoniano la vicenda, tormentata e esaltante, del Ginnasio “Garopoli”; un percorso che dura settant’anni, dal 1865 al 1938. Anche se, come si evince dallo studio, gli amministratori in anni ancor prima dell’Unità d’Italia si pongono il problema, desiderosi di aprire a Corigliano una siffatta realtà formativa. Uno sforzo corale che considerano assolutamente prioritario, anche rispetto alla sanità. Tutto ciò dimostra quanta importanza si riconosca all’istruzione, esigenza indispensabile per i giovani e per combattere la piaga dell’analfabetismo. Dalle pagine di Cumino, che attinge a numerosi documenti inediti (alcuni dei quali riportati nel volume, contribuendo così ad arricchire l’apparato iconografico), è confermato il prestigio sempre più crescente dell’istituzione. Lo dimostrano i numerosi studenti-convittori di varie parti della regione e la presenza di non pochi docenti e dirigenti provenienti dal profondo Nord. È, infatti, la fama che circonda il “Garopoli” e la apprezzata volontà degli amministratori che portano insegnanti e educatori da città lontane a domiciliarsi a Corigliano. La cosa potrebbe sembrarci paradossale a guardarla con gli occhi dell’oggi; eppure in quel periodo c’è chi osserva con interesse a quella scuola del profondo Sud. Vi è, infatti, un Meridione caparbio, impaziente di crescere, e per farlo si affida alla formazione culturale investendo, per raggiungere tali obiettivi, parte consistente del bilancio comunale, fino a rischiare -questo ci dicono gli atti deliberativi e le corrispondenze d’archivio- il fallimento dell’Ente. Da quegli studi, rigorosi e seri -lo convalidano le fonti-, molti di quegli allievi diverranno illustri personalità del mondo scientifico e umanistico, alcune ben stimate e note a livello nazionale. A completamento del mosaico, l’autore tratteggia le figure dei vari soggetti -politici, educatori, direttori- che hanno rivestito ruoli a volte significativi nell’ambito dell’istituzione. Cumino accompagna, inoltre, il lettore fino ai nostri giorni con una narrazione relativa alla nascita delle scuole medie cittadine e dei licei. Il “Garopoli”, anche quale semplice “contenitore”, religioso prima e polo culturale dopo, è da sempre considerato un simbolo essenziale dal popolo di Corigliano. Grazie anche al reperimento di atti deliberativi sulla materia, Cumino conferma, e a ragione, questo ruolo: un segno identitario per la collettività. Anche per tale ragione meritava, e merita, ben altra attenzione. L’amore per il paese e la sua gente, l’esaltante ansia della generosa curiosità, la voglia mai sopita di scavare e scovare frammenti del passato, lo hanno portato a rovistare, negli anni, tra carte e registri, e libri, e documenti, con l’unico disinteressato obiettivo di dare il proprio apporto, perché la sua cittadina abbia sempre più un’anima, oltre che un corpo. A partecipare allo svelamento delle fonti della comunità nella quale vive, perché si irradi il presente e si prepari al meglio, senza condizionamenti, il futuro. Il messaggio che ricercatori come Enzo Cumino lanciano, sia pure a bassa voce, è un po’ questo: mai stancarsi di scavare, seminare, spolverare. Mai stancarsi di essere “cittadino”, con tutto quello che ne consegue in termini di diritti e, soprattutto, di doveri; doveri verso il proprio paese, che è lì ad aspettarti, anche quando te ne vai per libera scelta, o perché costretto come è accaduto a tanti. Ieri come oggi.” |