L’importanza del discorso sulla fusione si manifesta in questi giorni grazie ad una ampia partecipazione di cittadini alla questione, esatto, molteplici persone appartenenti ai più disparati settori della vita pubblica e privata finalmente esprimono il loro pensiero e le loro idee su di un tema così importante per i due Comuni interessati. Il fronte del No in questi giorni ha prodotto una serie di motivazioni a sostegno delle proprie idee che non si sono discostate di molto rispetto a qualche mese addietro, e, salvo qualche invettiva contro il Sindaco Mascaro il quale chiedeva di essere informato sulla scelta, alquanto strana, del consiglio comunale di Corigliano di voler ridiscutere l’atto di impulso approvato qualche tempo fa, c’è poco di nuovo. Anche se chi scrive non ci vedeva nulla di strano dato che la scelta interessava fortemente anche il Comune di Rossano, e, pertanto, la questione rimane bagatellare. Prima che dimentichi di scriverlo la nuova minaccia in voga è: ci fregheranno il porto!. Il livello del dibattito, purtroppo, è quello che è. Il consiglio comunale del 12 agosto c.a. si è invece concluso con un nulla di fatto. Sala gremita, diversi rappresentanti del Sì e del No, molte urla e molti Ultras da ambo le parti. I lavori si sono interrotti per 5 volte con scontri verbali durissimi tra le parti. Si è falsamente detto, e ribadisco FALSAMENTE, che i termini “… intero bacino elettorale …” non fossero stati aboliti dall’art. 44 della LR del 1983, e che fossero ancora in vigore facendo credere che il calcolo dei voti verrà fatto sull’intero corpo votante (intera massa di cittadini di Corigliano e Rossano), si sono dette altre inesattezze di portata Machiavellica con il solo fine di denigrare strumentalmente l’iter e con l’aggravante di essere state pronunciate in un pubblico consesso da un consigliere comunale (!), ma bisogna vigilare su certe cose e sono felice di poterle “denunciare” alla prima occasione utile come questa. Il consiglio si è chiuso con il Sindaco Geraci che, riconoscendo una posizione di minoranza, ha chiesto un rinvio agli inizi di settembre al fine di calmierare le acque, poiché, in caso di sconfitta nelle votazioni l’atto successivo sarebbe stato quello delle dimissioni. La scelta è parsa giusta, mandare in una eventuale fusione uno dei due comuni senza rappresentanza politica sarebbe stato un errore madornale poiché un commissario ad acta difficilmente potrebbe conoscere le vicissitudini di una intera comunità. L’accordo prevede: un quorum al 30%, un bilancio condiviso tra i due comuni ed uno studio di fattibilità, e se questi passaggi non dovessero realizzarsi il Sindaco coriglianese rimetterà il proprio mandato. Ora Mascaro va proprio avvisato! Di tutti questi elementi richiesti l’unico pretestuoso è il quorum al 30%, ma questo si sapeva già da tempo, tiriamo avanti e combattiamo per evitare tale broglio elettorale, e se qualcuno dovesse rispondere che il quorum alle politiche ed alle amministrative non serve perché tanto sono a termine ricordategli che un quorum non va valutato in senso di comparazione tra le elezioni, il quorum o è sempre valido o non lo è, i “due pesi e le due misure” appartengono alla vecchia politica per il mantenimento dello status quo. Appurato che Rossano non aveva uffici da rubare a Corigliano bisognava trovare un nuovo “vello d’oro” da dare in pasto a qualcuno e, abracadabra, ecco servita la bufala del debito di Rossano superiore a quello di Corigliano, certo, Corigliano che fino a due anni fa era in pre dissesto oggi ha una economia fortissima minacciata dalla “lebbra economica” di Rossano, e qui continuano a cadere pezzi di memoria ed etica politica. Precisando che, qual’ora ce ne fosse ancora bisogno, il denaro per il nuovo Comune unico deriverà da: Stato, Regione ed autonomia fiscale e che il fondo in favore dei comuni fusi non ha mai smesso di erogare denaro poiché implementato dai gettiti di tutti i comuni d’Italia (60 milioni nel 2016 ed 80 milioni per il 2018) superiamo l’ulteriore menzogna dell’assenza di liquidità e dei pochi soldi da destinarsi . Si passi oltre. La questione relativa alla lungimiranza politica del Comune di Rossano e quella della forza economica del comune di Corigliano non sono solo teorie ma esistono sulla base di una precisa evoluzione storica. Il Comune di Rossano, sia nel periodo monarchico che nel periodo post fascista inviava suoi uomini all’interno del Parlamento e del Senato dimostrando una spiccata preponderanza ad occupare gangli vitali della vita pubblica, da qui il trasferimento di quasi tutti gli uffici amministrativi in questa area, l’INAIL (che esiste e come, con sede in via Carmine Candiano di Rossano), Vigili del fuoco, Tribunale, SIAE, INPS, Agenzia delle Entrate ecc. ecc., si badi bene, uffici che giovarono anche a Corigliano poiché a 15 minuti di tragitto si poteva trovare tutto ciò che burocraticamente necessitava. Corigliano, dal canto suo, si basava su di una sorta di autarchia economica, la grande ricchezza dell’agricoltura portò una crescita importante al territorio, la flotta peschereccia era una delle più grandi in assoluto, nascevano capannoni nella zona industriale con il fermento di molte attività economico imprenditoriali. I lidi estivi con un lungomare di tutto rispetto furono il volano dell’economia estiva, senza dimenticare i locali posti nell’intero borgo marinaro i quali comportarono una crescita economica e turistica non indifferente, il tutto avvalorato dallo sviluppo del porto marittimo di Schiavonea. Purtroppo Corigliano cominciava ad eleggere i suoi rappresentanti politici solo agli inizi degli anni ’90 con netto ritardo rispetto agli amici rossanesi. Il giocattolo cominciava però ad avere delle crepe, il progetto della provincia unica saltò, incredibili realtà come Crotone e Vibo ci sorpassarono (!) e gli inizi degli anni 2000 segnarono una inversione di tendenza rispettivamente dell’idillio politico rossanese ed autarchico coriglianese, ed il sogno divenne incubo. Gli ospedali cominciarono dapprima a razionalizzare la spesa e successivamente a scomparire, il Tribunale di Rossano chiuse per una mala gestio associata alla volontà di un disegno di accentramento verso il capoluogo cosentino, gli uffici periferici cominciarono ad essere in odore di chiusura e la legge Bassanini cominciava a mietere vittime dietro il falso vessillo della “razionalizzazione dei servizi”. Corigliano non se la passava meglio. Il mercato del Maghreb attaccava duramente gli agrumi nostrani, i prezzi crollavano, i capannoni cominciarono a chiudere e la grande forza marittima cominciava a soffrire a cause di norme europee (giuste) molto stringenti in favore della ripopolazione della fauna marittima. Il passaggio più curioso della vicenda attuale è che ancora non si è compreso come solo l’unione delle nostre forze può risollevare questo territorio, ossia, solo creando un polo unico a forte rilevanza politica si potrà risolvere il dramma in cui ci stiamo incagliando. È un dato di fatto che, in tutta Italia, il fenomeno dell’accentramento dei servizi negli agglomerati urbani sta caratterizzando il nostro periodo storico. Un progetto abbastanza chiaro e sibillino vuole che le periferie restino tali e che vengano spogliate di qualunque rilevanza politica e strategica. La bontà del progetto di fusione passa anche dalla strada intrapresa da Crotone e Cosenza e per tale ragione occorre domandarsi: se i due capoluoghi stanno seguendo questa strada per quale motivo noi dovremmo ritenerla errata? Vi è contiguità territoriale tra di loro? Anche tra di noi vi è contiguità territoriale, ci sono 8 kilometri di verde, è vero, ma può questo essere un motivo per far saltare un processo di fusione? l’assenza di cemento tra comuni può essere un motivo valido in un senso o in un altro?. Le risposte appaiono lapalissiane. Non ci sono casi simili a Corigliano e Rossano? San Pietro terme in Emilia Romagna sta per fondersi in un Comune unico di 71.000 abitanti e dicasi lo stesso per Rende e Cosenza nonchè Crotone con il resto, qual è il problema? Come densità di abitanti ci siamo, se si cerca il caso speculare, beh, è chiaro che l’intento è di boicottare, ma si spera non sia così. Toscana, Emilia, Piemonte e Lombardi spingono in tal senso e noi abbiamo l’obbligo morale di non farci “fregare” per l’ennesima volta. Per ciò che riguarda il quorum al referendum consultivo è opportuno stendere un velo pietoso, chi legittima tale istituto per il referendum del 22 ottobre è anche colui che giustifica la revoca dell’atto d’impulso ed è colui che, di conseguenza, reputa il parere popolare al pari del nulla, tende a salvare lo status quo, e non intendo proseguire su cose già ribadite che procurano una ferita profonda al concetto stesso di democrazia. Rispondo all’amico Alberto il quale sottolineava le nefandezza della rivoluzione di Sparta contro Atene, segnalando che io parlai di rivolta “spartachista” e non “spartana” facendo riferimento a Spartaco, gladiatore posto a capo del movimento antischiavista contro l’impero romano, piccola precisazione importante poiché accostabile al movimento di Rosa Luxemburg. Dopo le idi di marzo in consiglio comunale avremo le idi di settembre dove qualcuno salterà: il potere dispotico o la testa del primo cittadino.
Daniele Torchiaro, pro veritate |