Nel 2014 tenemmo due consigli comunali congiunti tra Corigliano e Rossano, ospitati nella sede consiliare rossanese. Si parlava di presidi di giustizia e collegamenti infrastrutturali. Entrambi gli incontri avevano come filo conduttore la fusione. In molti interventi non si perdeva l’occasione di legare il tema all’ordine del giorno perché si respirava già l’aria di proposta di un comune unico. In quell’occasione proposi la progettazione di una strada interna che collegasse i due centri urbani, bypassando l’unico collegamento della SS106 bis ed escludendo la via secondaria che da contrada Piragineti collega al centro storico di Corigliano. Puntualizzai che sebbene avessi frequentato i miei studi nella città bizantina alla quale mi lega un forte affetto, vivevo quotidianamente le difficoltà di mobilità per spostarmi tra i due centri. L’esempio più semplice era e resta la verifica degli orari e dei tempi impiegati (al pari dei pendolari verso l’area cosentina o verso Castrovillari, benché la distanza fosse completamente diversa). Navigati della politica in quella circostanza mi dissero che quello non era il momento di progettare cose del genere, che ci sarebbe stato il tempo opportuno, che in quel momento si doveva pensare a salvare il Tribunale di Rossano e poi prima di tutto doveva partire la realizzazione del nuovo Ospedale della Sibaritide. Tutto il resto sarebbe stata una conseguenza. Da allora, i due Comuni hanno deliberato l’atto di impulso. È stato indetto il referendum per il prossimo 22 OTTOBRE e sono nati tanti comitati pro o contro il processo di fusione.
All’epoca ho votato favorevolmente l’atto di impulso, convinta e motivata dal fatto che chi rappresenta i cittadini all’interno delle istituzioni non può arrogarsi il diritto di decisione, precludendo alla popolazione la possibilità di scelta, base della democrazia. La scelta spetta al popolo sovrano che gode del più forte strumento democratico quale il referendum. Confrontando però le varie iniziative intraprese, da una parte i sostenitori della fusione entusiasti di tutto ciò che possa generare il sorgere di un comune unico, dall’altra i contrari dubbiosi di tale processo e con qualche perplessità, noto come nel pieno della libertà associativa ciò che ancora oggi non sia ben chiaro è un confronto preciso e puntuale tra le due amministrazioni. Quello che manca maggiormente è il progetto da dover realizzare.
La fusione di per se’ comporterebbe un mutamento degli assetti organizzativi, gestionali, territoriali delle due città. Ma dopo la conclusione dell’iter burocratico e amministrativo, mi chiedo, quale sarà la novità? Le amministrazioni passano, i territori, le potenzialità e le difficoltà restano. Giusto che un territorio più grande con una popolazione maggiore potrebbe svilupparsi diversamente rispetto ad uno inferiore, ma noto anche che in altri luoghi in fondo processi del genere sono attuati ancor prima di parlare di fusione di comuni. L’organizzazione, la gestione, le infrastrutture, la progettazione operano in senso unico con la direzione che un atto di impulso o un referendum siano solo il passaggio formale di qualcosa già in essere. Ciò che non vedo allo stato delle cose. Quale sarà il risultato referendario lo deciderà la collettività seppur mortificando il principio di maggioranza, la nascita di nuove strutture e servizi mi auguro non sia ancora una volta deposito di cemento in nuove zone che spopolino i centri esistenti anziché potenziarli. Per adesso di certo restano i rapporti ed i collegamenti esistenti, Traffico superstradale compreso. - (Fonte: Lenin MONTESANTO – Comunicazione & Lobbying – 345.9401195). |