L’intervento puntuale e sferzante del Professor Ettore Jorio su un importante quotidiano On line,pone la necessità di una riflessione senza sconti su noi stessi ed il prossimo futuro della sinistra calabrese.
Ora,per rimanere sulla falsariga del suo intervento,appare derubricata l’ipotesi di andare al voto in prossimità dell’autunno con rinvio a tempi da destinarsi ovvero a scadenza “naturale”di una legislatura affatto ordinaria,segnata com’è noto da una torsione trasformistica registrata all’indomani della impossibilità di Bersani a mettere in piedi una squadra di governo coerente con la campagna elettorale di Italia Bene Comune.
Non stava infatti scritto in alcun programma elettorale l’esito delle “mini”larghe intese cui si è giunti col governo Letta-Alfano prima Renzi-Alfano poi ed infine Gentiloni-Alfano (Alfano c’è sempre).Ovvero un’alleanza organica PD-Centro destra che declina l’ossimoro politico italiano degli ultimi sette anni:governo di centro sinistra con presenza costante del centro destra.
Ma atteniamoci alla Calabria.
Il primo atto politico del Pd regionale e dell’eletto Presidente Mario Gerardo Oliverio fu di mettere fuori dal governo la Sinistra per Speranza.
Declino la lista con il nome dell’ex sindaco di Lamezia,proprio per sottolineare la gravità di un atto politico dettato se non altro da una profonda irriconoscenza verso un candidato delle primarie di coalizione,molto probabilmente determinante affinchè le stesse avessero luogo,espungendo le titubanze romane sulla candidatura di Oliverio e legittimandone il percorso altrimenti difficilmente giustificabile.
Preme ricordare che la scelta della “sinistra”fu tutt’altro che indolore,essendosi consumata una frattura con ‘Altra Europa per Tsipras che appena qualche mese prima aveva conseguito un lusinghiero risultato elettorale e nella circostanza decise di correre da sola candidando l professor Domenico Gattuso.
Alla luce di quanto accaduto pochi mesi dopo con le dimissioni forzate della prima giunta appare evidente che l’esperienza della Sinstra sarebbe durata molto poco n ogni caso.
Ora al guado di metà legislatura voler formulare un giudizio valutativo sull’esperienza in corso appare esercizio di tiro al bersaglio:nessun indicatore positivo che possa definire un sia pur timido momento di discontinuità col recente e remoto passato,la cifra empirica si consolida in una laconica assenza dalla vita reale dei calabresi i cui problemi sembrano essere l’ultimo pensiero della Cittadella.
Di contro gli indicatori economico-scoiali ed infine ,ma non in ultimo,la “questione morale” concorrono a disegnare un quadro di disperazione e fuga che lascia intravedere persino l’implosione del reticolo comunitario della nostra Regione.
Che fare?
Arrendersi e fuggire da questo “reo tempo”calandosi nel “privato”a declamare improbabili anatemi contro un mondo di ingiustizie percepito quasi come un fenomeno atmosferico-al pari dei contadini descritti da Carlo Levi nel suo Cristo si è fermato a Eboli?Oppure ripartire con un atto di volontà capace di stimolare quel “popolo molecolarmente disperso”di cui discuteva Gramsci?
Da qui bisogna partire:dai bisogni concreti ed evasi dalla politica senza progetto,alla quale ormai sembra ispirarsi il PD,figlia delle abiure del recente passato di quegli ideali e pratiche di ispirazione egalitaria che hanno formato i partiti di sinistra del secolo passato.
In termini laici con quel partito sono venute meno tutte le minime condizioni per una interlocuzione possibile.
E’ il partito del Jobs Act e del tentativo di riscrittura della Costituzione su dettato dei poteri finanziari e bancari europei.
E’ il partito che taglia con costanza i fondi all’assistenza ed al welfare sostituendo le pratiche solidaristiche assunte dalla costituzione negli art 3 e 38,con deviazioni di rancida emanazione caritatevole come i bonus di vario formato- famiglia. Che ha messo a piano il progetto devastante di trivellamento dei nostri mari,disciolta la scuola pubblica e definito forme nuove di servitu’ con i voucher.
La comparazione al ribasso rispetto al PD regionale ed alla sua proiezione governativa circoscrive in ambiti persino piu’ angusti l’eventualità di una possibilità di relazione politica.
In Calabria, il fallimentare modello regionalistico(a quando una riflessione di fondo?)che ha coinciso con l’utilizzo distorto del pacchetto Colombo ed i moti di Reggio han determinato sin dal nascere una classe di cacicchi e capitribu’
ontologicamente incompatibili con l’esercizio della democrazia istituzionale.
Le degenerazioni demoCratiche introdote dal crollo della prima Repubblica:elezione diretta dei sindaci ,dei presidenti della provincia(ci sono ancora nonostante tutto)eper molti versi della regione,hanno reso inutili i “corpi intermedi”partiti,associazioni,ecc,definendo una tipologia di elezioni di tipo personalistico-elitario e molto piu’ permeabile ad esempio alle pressioni della criminalità.
Voler dunque concorrere al cambiamento dall’interno,come accaduto al PRC od in ultimo al cartello elettorale della Sinistra,appare come pia illusione ove non si venga addirittura cooptati nell’esercizio abusivo del potere finalizzato alla perpetuazione della specie.
Bisogna viceversa uscire dal “recinto”e guadagnare il mare aperto della rivolta.
Patendo dalle buone pratiche in campo ovvero dai movimenti di lotta esistenti sul territorio.
Esperienze virtuose di amministratori coraggiosi ed alternativi ,personalità del mondo della cultura e delle associazioni,cittadini in lotta per la difesa dei beni comuni o del proprio territorio.
Gli esempi potrebbero essere tanti e per evitare involontarie dimenticanze evito di nominarne alcune soltanto.
In questo contesto le forze organizzate della sinistra,un arcipelago numeroso e paradossalmente iperminoritario,debbono trovare la strada del colloquio e contestualmente il superamento dei limiti autoreferenziali e contaminarsi con tutto quanto quel che si muove nella società calabrese in senso di critica all’esistente.
In sintesi partendo da alcuni elementi minimi di programma:lotta alla disuguaglianza,alla devastazione ambientale,per una estensione dei diritti sociali e civili ,per ripristinare la vivibilità demoCratica e partecipativa in Calabria.
Punti semplici ma essenziali per costruire sul campo una valida alternativa al blocco sociale ,indipendentemente dalle sigle di potere,che opprime questa terra.
L’esempio piu’ eclatante cui fare riferimento,in un quadro di sensibile trasformazione delle percezioni collettive che in pochi anni,han portato alle affermazioni di Tsipras,Sanders,Mèlenchon,ed infine Corbyn,chiudendo in buona parte con gli epigoni post-demoCratici della sinistra-centro portatori apparentemente sani di liberismo temperato,forse viene dalla Spagna dove un movimento giovanile nato sulla rivendicazione del reddito ha surclassato in pochi anni un sistema istituzionale che da quarant’anni sembrava innamovibile.Ed il loro meraviglioso slogan sembra coniato su misura per la nostra classe dirigente sorda ad ogni velleità di cambiamento: Se voi non ci lascerete sognare, noi non vi faremo piu’ dormire”
Angelo Broccolo
Segretario regionale Sinistra Italiana |