(non è questa la fusione -contaminata- che volevamo e che abbiamo votato come M5S in Consiglio Comunale)
Il M5S di Corigliano Calabro, per una corretta informazione dell’opinione pubblica ed anche a fronte delle posizioni oltremodo polemiche espresse, tramite la stampa, da soggetti privati esterni (rappresentativi di chi ?) agli enti (cioè ai Comuni di Corigliano e Rossano ed alla Regione) esclusivamente preposti al processo di fusione, ritiene opportuno evidenziare quanto segue. Il Presidente della regione Calabria, in data 26.4.2017, ha emesso il decreto per l’indizione del referendum volto alla consultazione delle popolazioni di Corigliano e Rossano in ordine all’ipotizzata fusione. Sennonché, per ragioni mai rese pubbliche ed a tutt’oggi sconosciute, detto decreto venne emesso nonostante fosse già abbondantemente scaduto il termine previsto per la sua adozione. Infatti, per l’art. 41 della legge regionale n. 13 del 1983, detto decreto andava adottato entro giorni dieci dalla delibera del Consiglio Regionale n. 177 del 27.1.2017, mediante la quale veniva approvata la proposta di legge n. 182/10 (con cui, in applicazione dell’art. 40 legge cit. n. 13/1983, veniva stabilito d’indire il referendum consultivo). In parole povere, l’adozione del decreto del Presidente della Regione si pone contro la legge, sicchè la sua illegittimità è destinata a riflettersi sulla validità della stessa consultazione referendaria ! Il termine ristretto di giorni dieci, evidentemente, si giustifica per il fatto che sia l’approvazione della proposta di legge che la consultazione referendaria vanno “contestualizzate“, ossia rapportate a precisi requisiti su cui dovrebbe altresì basarsi il preliminare giudizio cd. di meritevolezza (per il quale la fusione dovrebbe essere ritenuta conveniente), giudizio peraltro mai espresso (in modo inspiegabile) dalla regione Calabria. Infatti, in caso di violazione del predetto termine di giorni dieci (cioè d’indizione del referendum oltre detto termine), venendo meno la necessaria concentrazione e contestualità dei suddetti momenti procedurali (approvazione della proposta ed indizione del referendum), si correrebbe il rischio di provocare la consultazione popolare in presenza di condizioni oggettivamente diverse da quelle prese in considerazione nella fase preliminare in cui si colloca altresì il cd. giudizio di meritevolezza (si ripete, mai espresso nel nostro caso). Tale ragionamento non ha esclusiva valenza su un piano astratto, posto che i recenti avvenimenti, manco a farlo apposta, ne hanno evidenziato i risvolti pratici. Per essere più chiari: allorchè il Consiglio Comunale di Corigliano Calabro, peraltro nella totale assenza di un “piano di fattibilità“ (elemento su cui il M5S ha soprasseduto in sede di votazione, fiducioso che il giorno dopo si sarebbe aperto, in merito, un tavolo di lavoro, aspettativa poi rimasta delusa), ha dato il suo atto d’impulso, era a conoscenza dei fatti che, di lì a breve, avrebbero portato alla nomina, da parte del Prefetto, della Commissione di accesso agli atti ? Non essendo ancora conclusa l’attività di detta commissione né essendo noti i relativi risultati, può ritenersi opportuna e condivisibile l’attività decisionale degli organi rappresentativi del Comune di Corigliano Calabro laddove, implicando scelte della massima importanza per la vita (ovvero per la sopravvivenza) dello stesso ente, potrebbe determinarne la soppressione per fusione con altro Comune ? Già tali semplici considerazioni, indotte da “fatti sopravvenuti“, sarebbero di per sè sufficienti a provocare la revoca dell’atto d’impulso. Qualcuno dirà: dov’è il problema ? La Regione, preso atto di tale decadenza, potrebbe invitare gli enti interessati, ove ancora effettivamente interessati al progetto di fusione, a rinnovare gli atti d’impulso (magari supportati da uno studio di fattibilità) per l’avvio di un nuovo procedimento. Ma così non è ! Anzi, dispiace evidenziarlo, l’attività della Regione, anziché protesa al rispetto della legge (all’epoca) in vigore, risulta rivolta all’elusione di detta legge. La Regione, infatti, s’é semplicemente preoccupata, a decadenza già avvenuta, di dilatare il termine di giorni dieci (che deve intercorrere tra la data di approvazione della proposta di legge ed il decreto presidenziale d’indizione del referendum). Infatti, l’art. 41 della legge regionale n. 13/1983 (che contempla il termine di giorni 10) è stato modificato con legge regionale n. 10 del 6.4.2017 (entrata in vigore l’8.4.2017 !) con cui il termine di giorni dieci è stato elevato a giorni novanta. A questo punto ci si chiede: era proprio necessaria la dilatazione (ex post) del termine di giorni dieci ? con detta dilatazione quali interessi sono stati perseguiti ? detta dilatazione, ammesso e non concesso che sia legittima, serve a restituire legittimità al decreto presidenziale del 26.4.2017, d’indizione del referendum (a suo tempo adottato in violazione del termine di giorni dieci) ? Riteniamo che, stante il principio di irretroattività della legge, la nuova versione dell’art. 41 (che allunga il termine da giorni 10 a 90) non possa applicarsi al decreto adottato dal Presidente Oliverio in data 26.4.2017. Infatti, risalendo la delibera consiliare n. 177 (per l’approvazione della proposta di legge sulla fusione) al 27.1.2017, il termine all’epoca applicabile era quello di giorni dieci, stante che il termine di giorni 90 si applica alle sole proposte deliberate dopo la sua entrata in vigore. Come se non bastasse, nel decreto presidenziale, anziché alla (presupposta) proposta di legge 182/10 vien fatto riferimento alla delibera (177/2017) di approvazione della stessa proposta. Perché tali e tanti errori, anche materiali ? Perché tanta fretta in una materia così delicata, che coinvolge due realtà amministrative di una certa importanza ? Anche nel processo di fusione di piccoli enti (che risponde maggiormente agli interessi perseguiti dal Legislatore nazionale) non è dato riscontrare tali anomalie ed illegittimità. Tanta fretta e tante irregolarità, come possono spiegarsi ? Come può giustificarsi la modifica di una legge regionale, dettata dall’intento esclusivo di neutralizzare una decadenza già avvenuta (ossia salvare il decreto d’indizione del referendum, già affetto da nullità non più sanabile) ? A quale logica devono ascriversi simili comportamenti, la cui gravità non necessita certo di commenti (posto che costituiscono espressione dell’attività riservata al Legislatore Regionale) ? Anche questi interrogativi, unitamente a quelli posti dal M5S tramite precedenti comunicati stampa, son destinati a restare senza risposta ? Ci si augura soltanto che il Comune di Corigliano Calabro, alla luce delle motivazioni che precedono e, cosa più importante, sino a quando non saranno noti gli esiti dell’attività della Commissione d’accesso agli atti, fatta salva ed impregiudicata ogni ulteriore decisione si determini, allo stato, per il ritiro dell’iniziale atto d’impulso, essendone venuti meno i presupposti di legittimità e di opportunità.
M5S Corigliano |