Ho letto con estrema attenzione l’articolo scritto dall’avvocato Torchiaro sulla questione della fusione, così come ho letto in questi giorni tutti gli articoli sul tema. Premettendo che, proprio partendo dal punto di vista del “sentire politico” che mi accomuna al compagno Daniele, la questione si spoglia dell’appartenenza ed entra di diritto tra quelle che potremmo definire “d’opinione”. Apprezzo i toni e la scelta, oserei dire finalmente, fatta da Torchiaro di toccare le materia oggetto di “dubbio” e che, per circa due anni, sono state bellamente ignorate da chiunque. Credo d’aver espresso tali dubbi per la prima volta alla vigilia del primo consiglio comunale coriglianese in cui si affrontò la questione. Precisamente contestavo la tendenza a risolvere il tutto con la semplificazione del “non si può dire di no”. Se a muovere progetti tanto ambiziosi ed importanti dev’essere la prosaica asserzione che il nuovo è sempre meglio vorrei far notare il fallimento di ogni processo normativo, dalle leggi elettorali alle privatizzazioni, che ha visto peggiorare lo stato dell’arte del nostro Paese. Non può bastare la novità per assicurare un vantaggio e/o un miglior funzionamento del servizio. Basti pensare a cosa erano i servizi postali vent’anni fa e quel che sono oggi. O, ancor di più, vedere come i trasporti pubblici, in particolare le ferrovie , fossero più a misura di cittadino. Tornando alla fusione. Esistono dei problemi, come fa intendere anche l’avvocato Torchiaro, sul piano normativo: c’è la necessità di scrivere una legge regionale e c’è la necessità d’inquadrarla in un contesto normativo che, ad oggi, non ha figure simili a quella che si propone qui. Due città, dalle dimensioni identiche, decidono di fondersi: non è il caso di Lamezia (tempi, quadro normativo e dimensioni dei comuni preesistenti); non è il caso di Valsamoggia (dimensioni dei comuni tutti sotto i 5 mila tranne quello principale che, comunque resta sotto i 10mila abitanti e presenza della legge regionale dell’Emilia Romagna che ha dato vita ad un percorso decennale); non è il caso dei Casali del Manco dove si sta manifestando grande confusione da parte della Regione. Se il riferimento normativo è, poi, la Del Rio, appare chiaro come a) in più parti, soprattutto nelle modifiche sulle province, il testo è lacunoso e carente; b) la spinta propulsiva è data ai comuni di più ristretto ambito demografico e territoriale. Per qualche ragione di similarità demografica potremmo prendere ad esempio la nascita, ancora in corso, della “Grande Pescara”: quello che però non torna è il riferimento a finanziamenti, più che altro legati alla predisposizione di fondi appositi che, da anni, non vengono finanziati. Ultima questione è, poi, il parallelo tra “Equilibrio di bilancio” e “Patto di stabilità”: in via intuitiva si possono accomunare ma, c’è l’importante differenza che l’equilibrio di bilancio è, ora, contenuto nella Costituzione e, violarlo, diventa impossibile a meno che non venga espressamente scritta una legge che, ad oggi, non esiste. E questa non è roba da poco. Ma la vera discussione sulla questione dovrebbe essere: ne vale la pena? Anche se venisse creato e/o ordinato il quadro normativo a Corigliano ed a Rossano conviene percorrere questa strada? E’ una domanda a cui bisognerebbe rispondere, innanzi tutto attraverso uno strumento che qualcuno sbeffeggia, ma che è alla base, come Torchiaro dice, di ogni progetto urbanistico serio: non basta l’idea di qualche avvocato, di qualche professore o di qualche mediocre dirigente di Sinistra Italiana (io)…è necessario, obbligatorio direi, uno studio di fattibilità che analizzi costi, vantaggi, rischi ed eventuali percorsi amministrativi. Ad esempio quello che riguarda un referendum consultivo con un’affluenza scarsa. Che valore avrebbe rispetto a qualunque risultato del referendum stesso se oltre il 50% della popolazione non si esprimesse? E, mi permetto di ripeterlo, la popolazione, coriglianese soprattutto, è stata tenuta fuori dal dibattito. Quante sono le manifestazioni, le iniziative, che hanno cercato di coinvolgere i cittadini nella nostra città? La fastidiosa sensazione che il tutto sia stato ridotto ad una discussione tra classi imprenditoriali e politiche che, inutile girarci intorno, sono le stesse che hanno governato per anni questo territorio riducendolo nelle condizioni attuali, dà la sensazione che ci sia, da un lato, la volontà di accaparrarsi le poche, e del tutto ipotetiche, risorse disponibili, dall’altro il tentativo di rifarsi una verginità politica. Quello che si proponeva era, in fondo, una riflessione più ponderata sui tempi ed un coinvolgimento della cittadinanza. Invece c’è stata un’aggressione mediatica che ha portato alla convocazione di un referendum che potrebbe essere un boomerang anche rispetto ad un’idea più interessante e, proprio per il discorso sul potere contrattuale del territorio, più “pesante”: l’Area Vasta della Sibaritide. Assolutamente vero che su questioni come ospedale, INPS, trasporti, questo territorio sia stato ridotto a terra di frontiera. Però è altrettanto vero che, a votare pedissequamente quei provvedimenti, c’erano proprio i protagonisti della fusione ed i loro partiti. Quello che, certamente per mia incapacità, non colgo è il motivo per cui avere una città “più grande” debba essere un vantaggio puro e semplice per l’economia del territorio? Siamo realmente convinti che un semplice cambio di nome possa portare gli imprenditori del nord ovvero quelli esteri ad investire nel nostro territorio? Crediamo veramente che, in un quadro nazionale in cui il governo sceglie di chiudere decine di uffici periferici, possano eventualmente salvarsi i nostri per il solo fatto che siamo uniti? Già oggi gli uffici INPS di Rossano, per fare un esempio, non poggiano solo sull’utenza rossanese ma servono l’intera piana di Sibari. Cosa muterebbe? Qual è la ragione che potrebbe spingere il governo – che da anni non investe un euro nelle infrastrutture joniche – a finanziare progetti per quest’area? Ed anche il giusto riferimento all’istituzione delle province di Crotone e Vibo ed il riferimento all’occasione persa è interessante ma, credo, non attinente al percorso odierno visto che qui non stiamo creando nessuna nuova provincia. Il nostro territorio, che non avrà mai un’autostrada, che non avrà mai un aeroporto, che ha un porto che non riesce a decollare e che viene tagliato fuori dalle rotte mercantili internazionali dalla scelta di puntare sul porto di Malta non contrastata dalla politica italiana, non può permettersi favole. E, la fusione raccontata in quei termini, è una favola che rischia d’avere un finale tragico. Non si può ignorare che, per renderla fattibile si dovrà provvedere ad opere di conurbazione che deturperanno chilometri di terreni agricoli, che saranno oggetto di speculazioni edilizie a vantaggio di pochi. E poi c’è la grave questione della mancanza di una legge che determini la gestione di due bilanci che sono, è bene chiarirlo, in forte default. E, visto che la somma di due povertà non dà mai una ricchezza ma una povertà più grande…dov’è il vantaggio pratico? Questi dubbi, che da un anno e mezzo sollevo e che, in parte, sono stati “raccontati” anche dai professori Jorio e Caterini, andrebbero discussi coinvolgendo la cittadinanza e le forze politiche. Al contrario il percorso scelto è stato ben altro. E, con estremo rispetto, non saranno mai le voci di chi ha avuto ruoli importantissimi in questo territorio a convincermi che possa e debba bastarmi quel parere per dare un si. E non è cosa riguardante i campanili…non mi piacciono i confini ne chi cerca di farli divenire oggetto di difesa identitaria…figuriamoci cosa posso importarmi se la mia città si chiami Corigliano o Rossano o XY…m’importa, e molto, che non ci sia in atto una vendita d’illusioni per una terra che soffre per colpa di scelte politiche ed economiche precise. Una terra che è stata messa in ginocchio da imprenditori pirati che si sono “fottuti” milioni di euro con le 488 senza creare un solo posto di lavoro. M’importa e molto degli interessi sull’edilizia e su quello che potrebbe muoversi su eventuali infrastrutture. M’importa e molto sulle promesse di un’irrealizzabile aeroporto e di un fantomatico piano di trasporti approvato dalla Comunità Europea (che ha approvato delle linee guida e null’altro e che fa i conti su pareri negativi dell’ENAC). Dovremmo confrontarci su questo…Anzi…avremmo dovuto farlo con i toni che utilizza l’avvocato Torchiaro. Purtroppo si è scelto altro…Ed ora si viaggia verso un referendum che renderà tutti più deboli e più soli.
Alberto Laise |