I RICCHI SULLA RIVA DELL’ACHERONTE 14 febbraio 2017
Affollata è la riva dell’Acheronte. Proserpina, regina dell’Ade, intrattiene gl’ignari sventurati. Tutti abbigliati a festa, con bagagli di partenza. Vociari d’ilarità, di sollazzo, risate, ricordi di gozzoviglie, orge, torture, vizi di un passato senza futuro, aleggiano nell’aria senza tempo. Esseri inconsapevoli, né vivi né morti, ignari nell’attesa senza meta. Lo sciacquio impetuoso del fiume, lo sbattere del remo desta la calca, l’enorme legno approda alla funesta riva. Il silenzio tutto avvolge. Una voce orrida, minacciosa, squarcia l’oscura quiete: “Anime putride, il cimmaro vi aspetta”. Scompiglio, paura nell’accozzaglia, ognuno al suo bagaglio mette mano; l’usuraio le banconote prende, l’onorevole, nella sua tracotanza, si aggrappa al potere e vitalizi. Caronte il doganiere, con voce ferma: “Solo l’anima verrà traghettata”. In quell’aria tetra, senza vento, dove il sol non batte, odor di morte lì si diffonde. La spaventosa voce trasforma i lussuosi abiti in tuniche bluastro, spogliandoli dei loro averi. Come polvere al vento, tutto svolò dalle mani, fomentando ira, dolore, disperazione. Lentamente la fangosa terra inghiotte l’inutile ricchezza. Come il serpente muta la squamosa pelle, l’anima lascia il misero corpo. Tutta la vanità, l’arroganza, muore sulle rive dell’Acheronte e giammai ritorneranno a rimirar le stelle.
Luigi Visciglia |