E’ proprio vero che non si finisce mai d’imparare. E lungi da me avere mai pensato, anche solo per un effimero istante, di costituire un’eccezione a tale regola. Tra l’altro alla tenera età di soli 37 anni. Per restare nel tema, l’ultima lectio magistralis (impartita a titolo del tutto gratuito, tra l’altro) della quale ho fatto obbligatoriamente tesoro è stata apprendere dell’esistenza terrena di tali Sigg.ri Minnicelli e Iemboli la quale, e mi auguro non me ne vogliano, ahimè, ignoravo completamente. Me misero me tapino, mi verrebbe da dire, parafrasando Paperon de’ Paperoni. Dunque, negli scorsi giorni, ho letto con moltissima simpatia, e almeno altrettante superficialità e sbadataggine, gli scritti di tali cattedratici nonché, com’era ovvio che fosse, presunti teorici della fusione e luminari dell’incorporazione. Ebbene, l’uno (tale Minnicelli) “coordinatore del comitato delle 100 associazioni per la fusione” e l’altro (tale Iemboli) quale “componente” dello stesso tanto “fantasmagorico” quanto misterioso comitato. Terminata, in verità in pochi nanosecondi, la svogliata lettura di tali preziosi componimenti (finemente cesellati alla Benvenuto Cellini) non ho potuto fare altro che constatare l’ennesima aggiunta, ove mai potesse essere possibile, di ulteriore “fuffa” al calderone già ricolmo di suo, e molto più che abbondantemente, di altrettanta “fuffa”, e della stessa indubbia pregiata fattura.
Alzi la mano anche solo uno di voi che non abbia mai sentito nominare anche solo una delle rinomate 10, 100, 1000 e nessuna associazioni pirandelliane all’uopo riunite sotto il mirabile vessillo di tale “comitato”. Ecco, appunto. Se Walt Disney avesse avuto modo di affrontare l’argomento “fusione” dalle pagine di Topolino sicuramente la cosa sarebbe stata molto più concreta e, ne sono convinto, la fusione tra Paperopoli e Topolinia si sarebbe già conclusa con successo, e al massimo in un paio d’albi, con la nascita di Paperlinia. Torno a ripetere, e repetita iuvant, come, almeno allo stato attuale, tutti i discorsi, le “lezioni”, gli incontri e le riunioni tenutesi sull’argomento non siano mai riuscite a volare oltre la cortina di “fuffa” e ”aria fritta” che ammantano, da anni ed inequivocabilmente, tale “progetto” di fusione. Le domande poste dalla gente comune, alla quale mi fregio di appartenere, continuano ad essere rivolte e, allo stesso tempo, continuano a restare senza la benché minima risposta. Alcune delle quali: i cittadini Coriglianesi e Rossanesi, dopo la fusione, pagheranno meno tasse a parità di qualità e quantità dei servizi offerti? I cittadini avranno una maggiore qualità e quantità dei servizi a parità di tasse? Ci saranno nuove assunzioni nel nuovo comune? Eventualmente, come verranno finanziate tali assunzioni, con meno servizi oppure con più tasse? Quali saranno i servizi che resteranno decentrati? Quali quelli, invece, che saranno accentrati? Gli appalti verranno effettuati come unico ente? I finanziamenti statali verranno suddivisi a metà, pro-quota per numero di abitanti, in base all’ampiezza in kmq del territorio o, magari, si farà a “testa o croce”? In quali progetti verranno investiti? Quale sarà la denominazione del nuovo comune fuso? Quali saranno gli strumenti di decentramento previsti? A quanto ammonta l’esposizione debitoria del nuovo comune? Le aliquote tributarie verranno uniformate su entrambi i territori? Eccetera. Eccetera. Eccetera. Eccetera. Eccetera. Tenterò di spiegarvelo come foste bambini di 5 anni, riassumendo il tutto in una sola domanda: cosa ci guadagneranno i semplici cittadini, in concreto, dalla fusione? O si deve fare tanto per farla di modo che qualcuno possa togliersi la “soddisfazione“? Tutte domande alle quali, ça va sans dire, non è stata mai data alcuna risposta ufficiale. Tanto più, poi, e non me ne vogliano gli illustrissimi promotori della fusione ed i loro milioni di attivisti, fans e supporters sparsi per tutto il globo, come tutte queste banalissime questioni debbano trovare le corrispondenti specifiche risposte necessariamente “cristallizzate” in un documento ufficiale approvato dai consigli comunali di entrambi gli enti e non certo nelle riunioni di un comitato, come a qualcuno sembrerebbe far comodo credere. Per intenderci (e sempre come se foste dei bambini di 5 anni): se i cittadini Coriglianesi e Rossanesi andranno a pagare meno tasse, solo per fare un esempio, nel nuovo comune “fuso”, lo devono comunicare i consigli comunali di entrambe le città, approvando uno specifico studio di fattibilità attraverso una delibera di consiglio (ed assumendosene, quindi, la responsabilità politica), documento che presenti dati e cifre. E certamente non me lo possono venire ad assicurare né il Sig. Minnicelli né il Sig. Iemboli i quali, con tutto il rispetto per i miei nuovi amici, non hanno alcuna rappresentatività ufficiale di nessuno degli enti interessati, se non del comitato promotore di cui fanno parte e dei quali sono probabilissimi delegati. Nondimeno, e arrivati a questo punto, non oso nemmeno immaginare in che cosa andrebbe a sostanziarsi il quesito da porre ai cittadini per l’eventuale referendum. Forse sarà una cosa del tipo: “volete fondervi”? Sì, come no, con piacere. E poi? Una coppia di fidanzati, nel mondo reale, prima di convolare a nozze sceglie l’appartamento in cui andrà a vivere, la chiesa in cui sposarsi, gli addobbi ed il ristorante per il ricevimento. I novelli “fidanzatini” Corigliano e Rossano, invece, sembrerebbero fare diversamente, a quanto sembra. Prima faranno il viaggio di nozze, poi si scambieranno le fedi e, infine, sceglieranno in quale chiesa sposarsi. E, in tutto ciò, e mentre i “fidanzatini” sono alle prese con la compilazione della lista di nozze, il Presidente della Provincia lo farà il Sig. Sindaco di Aiello Calabro, ridente paesino calabrese che conta più o meno gli stessi abitanti di contrada Fabrizio a Corigliano e poco più di quelli di contrada Amica a Rossano. Così, pourparler.
Concludo ringraziando sentitamente il Sig. Minnicelli per avermi paragonato nientepopodimeno (e del tutto immeritatamente, me lo si lasci dire, non avendo il sottoscritto mai preso parte ad alcuna corsa automobilistica, non nell’emisfero orientale di questa Terra, almeno) che al leggendario Alberto Ascari, mitico pilota di Formula 1 degli anni 50, vera e propria leggenda della Ferrari. Tutt’ora Ascari resta l’ultimo italiano ad avere vinto il titolo mondiale piloti, a distanza di oltre 60 anni, e detiene il record per la più alta percentuale di vittorie in una sola stagione. Infatti, nel 1952, vinse ben sei delle otto corse previste in calendario aggiudicandosi l’alloro iridato con il massimo dei punti possibile (mi sfuggiva ci fosse all’epoca anche il GP d’Eritrea). Io, invece, la paragonerei tranquillamente al simpaticissimo Luca Badoèr. 54 gran premi disputati. Zero vinti. Zero punti. Zero “tituli”. Passo e chiudo.
Con stima e simpatia,
Dott. Enzo Claudio Gaspare SIINARDI |