È sempre festa nell’Olimpo. Zeus, sovrano degli dei, signore degli uomini, seduto sul suo trono reale, fra canti, danze, musiche è vezzeggiato, coccolato, adorato dalle ninfee e dee. Afrodite lo accarezza, Venere lo bacia, Giunone lo massaggia. Bacco versa vino ed idromele. Le coppe si riempiono e si svuotano, il flauto magico risuona nell’Olimpo con la lira di Orfeo. Danze, musiche, vino inebriano, esaltano con leggerezza. Fluttuano i sensi, accoppiandosi in un’orgia divina. Gli dei si sollazzano. Allibita, osserva l’erotica scena Calliope. Paidia, dio del divertimento, organizza uno scherzo. Sotto la dimora degli dei, arroccato sulla collina, Corigliano Calabro, dove lenta, giuliva, rumorosa scorre la vita. Morfeo avvolge l’antico borgo con una coltre di nebbia. Tutti dormono. Ermes, messaggero degli dei, bussa alla porta semichiusa. Jacopo, stanco, assonnato, apre la legnosa porta. Avvolta da una luce accecante, l’abbondanza della dea Rea arrise a Jacopo, consegnandogli una cassa, La luce illumina la stanza dormitorio. Ignari della ricchezza e della povertà, dormono felici i fanciulli. All’albeggiar del giorno, il fulmine squarcia il ciel. Un tuono rumoroso allerta e sveglia il borgo. Eris, con discordia, divulga la notizia. La comunità è in subbuglio, le strade affollate. Tutti gridano: “denaro, ricchezza!”. Assediato è il tugurio di Jacopo Ortis. La calca umana eccitata, frenetica, rumorosa. Sull’uscio di casa, Jacopo con lentezza apre la divina cassa. A piene mani libera nell’aria quel denaro. Gli zefiri del ventoso Eolo con piccoli vortici sollevano i foglietti nell’aria. Svolazzano, ondeggiano, urtandosi, risalgono, scendono lentamente. La calca impazzita, ricchi, poveri, in una mescolanza umana, saltellano, si strattonano, si picchiano per della carta colorata. Dalla scena forsennata, meravigliati, gli dei beffardi scesero sul castello Compagna ad ammirar il folle gesto. Jacopo Ortis gridava, imprecava invano: “Restituiteli alla BCE per cancellare il debito. Ricomprate la vostra libertà, riscattate la vostra sovranità!”. Sorda, muta, impassibile la calca sgomitava, per quella manna amara. Egoismo, ricchezza, opulenza. L’umanità nel suo sogno inumano.
Luigi Visciglia |