Sono una Educatrice professionale che opera da oltre 16 anni in una Residenza sanitaria assistenziale della nostra regione. Scrivo a nome delle centinaia di colleghe che rischiano di non poter più operare in questo contesto sulla base di quanto prevede una bozza di riorganizzazione dei requisiti organizzativi delle RSA che cancella in toto una figura fondamentale nel percorso di valutazione e assistenza delle persone assistite in queste strutture. Soltanto chi non ha mai frequentato (in veste di assistito, famigliare, componente dell’unità di valutazione e controllo delle Aziende sanitarie, etc.) o non conosce, anche dal lato normativo, il ruolo esercitato in questi contesti dall’Educatore professionale, poteva partorire una decisione del genere che si scontra in modo plateale contro la peculiarità di queste figure professionali il cui contributo è determinate per continuare a fornire un supporto fondamentale nella elaborazione e stesura dei Progetti Assistenziali Integrati (Pai), nell’applicazione dei piani di intervento elaborato sulla base dei bisogni di ciascun ospite, degli interessi e delle abilità residue, favorendo la stimolazione e/o il mantenimento delle stesse attraverso tecniche e metodologie educative proprie e di loro esclusiva pertinenza. Probabilmente colui che ha inteso proporre la soppressione di questa figura nelle RSA ha confuso il ruolo dall’Educatore professionale con quello dell’animatore sociale che cura le attività da tempo libero mentre l’educatore professionale mette in atto interventi volti ad assicurare e mantenere un buon equilibrio comportamentale dei soggetti, contrastando le turbe comportamentali presenti in almeno l’80% degli ospiti nelle RSA, attraverso tecniche psico-educative volte a limitare i disturbi affettivi, emotivi, relazionali del paziente. Attività che nessuna altra figura prevista negli organici delle RSA potrebbe espletare considerato che le ore previste per l’assistente sociale sono appena sufficienti ad espletare i compiti di segretariato sociale e disbrigo pratiche burocratiche mentre le ore dello psicologo a stento sono sufficienti per la valutazione testologica e diagnostica di tutti gli utenti. Pertanto, chiediamo di rivalutare la decisione, non solo per il mantenimento dei posti di lavori di centinaia di persone, ma anche per non far fare un passo indietro alla qualità dell’assistenza fornita da queste figure negli anni, come può essere testimoniato sia dai familiari degli utenti che dalle Unità di valutazione multidimensionali delle Aziende sanitarie.
Marinella Scorzafave |