Sostenere la necessità-opportunità commerciale di proporre una linea tutta italiana di clementine, ma accanto a ciò è necessario mettere insieme almeno tre-quattro aziende che condividano, finanziando la ricerca e destinandole campi sperimentali, un progetto di breeding che abbia l’obiettivo di ampliare la gamma varietale attuale e migliorare le varietà esistenti. Le aziende che parteciperanno al progetto saranno poi anche quelle che, utilizzando la formula del Club, stabiliranno le regole di diffusione colturale in Italia. Il progetto potrebbe chiamarsi Clementina italiana tradizionale. Sono alcune delle proposte più interessanti e, per certi versi, dirompenti emerse sabato scorso a Corigliano nel corso del convegno “Evoluzione e prospettive dell’agrumicoltura di domani”. L’importante appuntamento è stato promosso dall’Associazione L.A.ME.T.A. e realizzato con il patrocinio degli Ordini dei dottori agronomi e forestali della provincia di Cosenza, Matera e Taranto, del comune di Corigliano e della Camera di Commercio della provincia di Cosenza. Gli esperti presenti si sono interrogati su quello che è avvenuto nell’ultimo decennio, nel settore agrumicolo, che indubbiamente ha subito un’enorme evoluzione a livello internazionale. Ma la domanda principale è stata: E l’Italia verso dove sta indirizzandosi? Ad analizzare la situazione attuale delle colture e a sottolineare come sia necessario che l’agrumicoltura ritorni a generare valore ed essere un settore trainante per la nostra economia sono stati in particolare il coordinatore dell’evento, Francesco Perri, agronomo e uno dei maggiori esperti di agrumicoltura in Italia e Marco Eleuteri, direttore commercio del gruppo Aop Armonia. “Negli anni Settanta - ha spiegato Francesco Perri- l’Italia era il primo produttore agrumicolo del Mediterraneo. Poi però abbiamo ceduto il passo, lasciando spazio a una sorta di rassegnazione, senza intravedere un futuro. Non deve essere così! Il nostro Paese conta una superficie investita ad agrumi di oltre 170mila ettari, di cui oltre 100mila ad arance e circa 30.000 a clementine. Più o meno la metà degli ettari a clementine sono situati nella Piana di Sibari, dove se ne producono circa 200mila tonnellate, il 50% circa della produzione nazionale“. L’esperto ha sottolineato che oltre l’80% delle clementine è composto ancora da una sola varietà, il Clementine comune, frutto di alta qualità, ma che ha un periodo di commercializzazione di soli 45 giorni. L’obiettivo tecnico-agronomico e, quindi, commerciale è da tempo quello di prolungare la stagionalità. “Oltre 20 anni fa, con il coordinamento scientifico dell’Istituto Sperimentale per l’Agrumicoltura di Acireale (CT), sono state attivate delle sperimentazioni. Il confronto di una ventina di cultivar è servito a porre l’attenzione sulle caratteristiche agronomiche, l’epoca di raccolta, la produttività, la risposta commerciale, la suscettibilità e la resistenza alle diverse malattie“. Sono state individuate selezioni più precoci e più tardive della specie capostipite che è il clementine comune. Ciò ha permesso di triplicare l’epoca di produzione e quindi di disponibilità di prodotto: si è passati dai circa 45 giorni a ben quasi 5 mesi (da ottobre a febbraio). Un aspetto fondamentale è inoltre la vocazione del territorio, cioè individuare gli areali che meglio esaltano le peculiarità delle diverse varietà. Perri ha poi fatto un excursus sulle arance, focalizzandosi in particolare sul gruppo delle Navel, arance a basso contenuto di acidità, e su quelle pigmentate. “Anche in questo caso, la ricerca produce novità. Man mano che si diffondono nuove varietà di agrumi, uno dei principali compiti è quello di individuare le migliori combinazioni con i portinnesti“. La ricerca ha ottenuto anche interessanti ibridi triploidi, incroci tra il Clementine e il Tarocco, facilmente sbucciabili (easy peeler), completamente senza semi (apireni), con caratteristiche gustative molto particolari. Alcuni di questi sono anche pigmentati. “Uno in particolare, il Mandared, che matura nel periodo di febbraio, presenta polpa pigmentata“. L’esperto ha infine presentato due nuove varietà. Si tratta di: una mutazione spontanea di Clementine Spinoso molto promettente che matura in ottobre; una mutazione spontanea di Clementine Comune, individuata con la sigla SZ, che matura in gennaio. “E’ necessario - ha concluso Perri - creare una forte identità attraverso la ricerca delle peculiarità qualitative che rappresentano la sintesi tra il luogo di produzione e il saper fare del produttore. Le strategie da attuare: effettuare una mappa della vocazionalità dei territori; praticare un’agrumicoltura di qualità, molto efficiente e a costi bassi; essere flessibili nelle scelte varietali; prevedere degli investimenti nella comunicazione; creare reti di imprese al fine di accrescere la propria capacità innovativa e innalzare il livello di competitività sul mercato nazionale e internazionale“. Marco Eleuteri ha inquadrato la situazione dal punto di vista commerciale e a livello internazionale, in particolare nel confronto con la Spagna. “La produzione agrumicola nel bacino del Mediterraneo è cresciuta del 15% negli ultimi 8 anni; tale andamento ha riguardato soprattutto l’area mediterranea extra europea. Nello stesso periodo, l’Italia ha mostrato una flessione del 40%, mentre la clementicoltura spagnola ha registrato una fase di ulteriore crescita“. Nella campagna 2007/08 l’Italia era il secondo produttore del Mediterraneo con 3,5 milioni di tonnellate dietro la Spagna (5,3 milioni di ton). Otto anni dopo, nella stagione 2014/15, l’Italia è scesa in quarta posizione con 2,3 milioni di ton (-35% in 7 anni), mentre la Spagna - con 6,5 milioni di ton - è cresciuta del 20%, arrivando a rappresentare da sola un terzo della produzione di tutto il bacino mediterraneo. “Addirittura - ha sottolineato Eleuteri - se analizziamo i dati relativi solo agli easy peeler, il nostro Paese scende addirittura al quinto posto tra i maggiori produttori del Mediterraneo, dietro a Spagna, Marocco, Turchia ed Egitto“. “Il 91% degli easy peeler prodotti in Italia viene consumato a livello domestico e solo il 9% è destinato all’export. La Spagna invece distribuisce le percentuali decisamente in maniera diversa: 79% export, 21% mercato nazionale. Importante anche sottolineare che il nostro Paese importa più easy peeler di quanti ne esporti. Nell’ultimo decennio, la Spagna è infatti passata dall’essere il nostro maggiore competitor a diventare il nostro maggiore fornitore. Le nostre importazioni di clementine si concentrano nei mesi di ottobre e febbraio-marzo“. “L’andamento dei prezzi in Spagna è sostanzialmente simile a quello che si ha negli stessi periodi in Italia; naturalmente cambiano i pesi relativi delle singole varietà nel complesso delle rispettive offerte. Le grandi dimensioni aziendali dei maggiori operatori agrumicoli spagnoli permettono agli stessi di destinare fondi importanti alla ricerca e allo sviluppo, sia collaborando con centri di ricerca come l’IVIA (Istituto Valenciano di Investigazione Agraria), sia acquisendo i diritti per la produzione in Spagna di varietà protette originatesi all’estero“. Oltre a sostenere la necessità/opportunità commerciale di proporre una linea tutta italiana di clementine, Eleuteri ha lanciato anche una proposta-provocazione: quella di mettere insieme almeno tre/quattro aziende che condividano - finanziando la ricerca e destinandole campi sperimentali - un progetto di breeding che abbia l’obiettivo di ampliare la gamma varietale attuale e migliorare le varietà esistenti. In riferimento alle due novità presentate da Perri, Eleuteri ha dichiarato: “Dobbiamo approfittare del regalo fattoci dalla natura e sviluppare in maniera sostenibile questa linea per cercare di recuperare competitività internazionale in un segmento di mercato in cui, negli ultimi anni, il nostro peso si è ridotto notevolmente. Le aziende che parteciperanno al progetto saranno poi anche quelle che, utilizzando la formula del Club, stabiliranno le regole di diffusione colturale in Italia. Vorrei che questo progetto si chiamasse Clementina italiana tradizionale. Utilizzare le moderne biotecnologie può aiutare molto a preservare la nostra tradizione agricola“. Un Club che si occupi, da ultimo, anche di comunicazione e promozione, affinché dopo aver scritto una bella poesia - e questo gli italiani lo sanno fare bene - la si possa recitare nel migliore dei modi in tutti i maggiori mercati internazionali. Protagonista di rilievo internazionale è stato Josè Vercher, direttore generale della “Bollo International Fruit“, una delle più importanti realtà spagnole per la produzione e commercializzazione di agrumi, il quale ha sottolineato la necessità di un cambiamento di mentalità nel nostro Paese affinché si punti su ciò in cui realmente i produttori italiani sono forti. |