L’evento tragico del 12 agosto, superata la fase delle facili esternazioni e delle gratuite autoesaltazioni di coloro i quali hanno fatto semplicemente il loro dovere, deve necessariamente indurre ad una più pacata riflessione circa il futuro del nostro territorio sia sotto il profilo strettamente politico che su quello tecnico-scientifico. Solo se si osservano le immagini riprese da una società specializzata in aerofotogrammetria il 14 di agosto scorso si ha la dimensione del disastro. È noto agli esperti di settore che i luoghi che abbiamo visto e rivisto nelle immagini del 12 agosto sono quelli dove si manifestano gli effetti non quelli dove risiedono le cause. – Non solo l’urbanizzazione eccessiva (circa 2000 ettari edificati tra Rossano e Corigliano dal 1957 al 1998 e le previsioni future ancora più pantagrueliche) ma lo stato delle colline e della montagna, l’assoluta assenza di controlli e di manutenzione sono le cause del disastro di Rossano e di tanti altri in Italia.
Quelli immagini restituiscono il senso del disastro. Centinaia di frane piccole e grandi, corsi d’acqua fortemente erosi o sovralluvionati, erosione di suolo diffusa, esondazioni, rotture arginali, scalzamenti di argini e briglie, etc: questa è la vera dimensione del disastro i cui costi sono ancora tutti da quantizzare. ALTRO CHE PULIRE I FOSSI E LE STRADE PUBBLICHE E PRIVATE CON SISTEMI STRETTAMENTE CLIENTELARI! – Ora occorre ragionare su cosa fare per il futuro. E soprattutto su cosa possono fare insieme i due Comuni che vogliono fondersi ma non collaborano per gestire il dopo disastro e, soprattutto, per fare prevenzione e restituire sicurezza al territorio. Chiarisco da subito che non penso affatto che da sole le due città possano lavorare alla prevenzione perché in gioco ci sono la Regione, Calabria Verde, il Consorzio di Bonifica, la Provincia, la Sorical, l’Anas, le Ferrovie dello Stato e, dulcis in fundo, lo Stato centrale. Non mi addentrerò però nel ginepraio delle competenze, del fatto e del non fatto, etc. Voglio semplicemente avanzare alcune ipotesi di lavoro perché i due Comuni facciano prevenzione in coro.
SISTEMI DI PROTEZIONE CIVILE: da subito un unico piano, un unico sistema locale di allertamento, un coordinamento unitario del volontariato. Si può fare? E poi, una seria ed unitaria analisi degli effetti e delle cause dell’alluvione con una lettura scientifica dei dati rilevati il 14 agosto con il supporto delle Università in modo da disporre di un quadro unitario dello stato del territorio nella sua interezza ed a scala di bacino idrografico. Si avrebbe in tal modo la più efficace base conoscitiva per pianificare le attività di ripristino e manutenzione nei bacini idrografici che vanno dal Trionto al Malfrancato costringendo in tal modo gli altri soggetti competenti ad agire di conseguenza. C’è, infine, la questione cruciale. Quella del Piano Strutturale Associato (PSA). Un tasto che ho sollevato già prima dell’alluvione. Qui la questione è semplice. Per prevenire frane ed alluvioni occorre non solo analizzare i fenomeni in atto ma soprattutto valutarne la probabilità di accadimento laddove oggi non si manifestano. – Qui non c’è da inventare nulla. Si assuma come riferimento quanto previsto nel QTRP fermo in Consiglio Regionale che delinea le strategie per la prevenzione dei rischi territoriali, di tutti i rischi (tsunami compresi, perché a quelli di memoria corta va ricordato che a Rossano ne abbiamo avuto uno nel 1836). Si tratta solo di volontà politica non di altro. O c’è o non c’è. Qui gli attori non possono più fare chiacchiere ed hanno un nome ed un cognome. Sono i Sindaci dei Comuni associati nel PSA. Come si vede il disastro può insegnarci qualcosa. Non certamente ad affrontare l’emergenza per come è stato fatto a Rossano. Per farsene una idea si consulti la Delibera di Giunta Municipale n 297 del 10 settembre 2015, pubblicata il 24 ed alla quale non sono allegati gli atti dei singoli interventi. È davvero interessante, sotto tutti i profili. - (Fonte: MONTESANTO SAS – Comunicazione & Lobbying). |