Continuano i cosiddetti ‘viaggi della speranza’ dal Sud al Nord Italia per farsi curare. In tutte le regioni meridionali, con la sola eccezione del Molise, prevale ancora la cosiddetta mobilità passiva (pazienti residenti che si ricoverano in altre regioni) rispetto a quella attiva (capacità di attrarre pazienti). E il divario è particolarmente ampio per la Calabria, dove ben un ricovero su 5 avviene fuori regione, e nel caso del day hospital anche per la Puglia. E’ quanto emerge dal ‘Rapporto sul territorio’ dell’Istat, pubblicato oggi dall’Istituto nazionale di statistica, che sulla mobilità ospedaliera interregionale cita dati aggiornati al 2017. Hanno invece indici di attrazione decisamente superiori all’unità: la Lombardia (quasi 12 ricoveri ordinari e 17 in day hospital ogni 100 sono di persone non residenti), Emilia Romagna (rispettivamente 15 ordinari e 14 in day hospital) e Toscana (12 ordinari e 13 in day hospital), oltre a Veneto per il solo regime ordinario (9), e Lazio e Friuli-Venezia Giulia (17) per il day hospital. In regime ordinario – si legge nel Rapoorto – l’aumento della mobilità attiva e passiva osservate a livello nazionale (da 8,4% a 9,1% la prima, da 7,4% a 8,3% la seconda) si conferma per la maggioranza delle regioni. Le regioni insulari (e in particolare la Sardegna) presentano flussi relativamente modesti sia in entrata sia in uscita, mentre le piccole regioni presentano i flussi più elevati in entrambe le direzioni. Tra le regioni di emigrazione netta del Mezzogiorno, si osserva un marcato peggioramento dello squilibrio per la Calabria e un miglioramento per Puglia e Basilicata. Tra le regioni di immigrazione netta, l’aumento della mobilità passiva ha quasi annullato il surplus del Lazio, mentre si è rafforzato in Lombardia e dell’Emilia Romagna. La mobilità ospedaliera interregionale – ricorda l’Istat – ha una forte rilevanza tanto per la programmazione sanitaria (rappresenta un extra-costo per le regioni cedenti e una fonte di sovraffollamento per quelle riceventi) quanto dal punto di vista del paziente, che può scegliere dove farsi curare, ma anche essere obbligato alla mobilità per la mancanza di un’assistenza ospedaliera adeguata di prossimità. I motivi alla base della mobilità ospedaliera – spiega il Rapporto – non sono legati esclusivamente alla qualità dell’assistenza, ma possono dipendere anche dal trovarsi temporanea in un’altra regione, dalle caratteristiche del territorio, dalla ridotta dimensione regionale, dalla vicinanza al confine o dalla necessità di cure in strutture di elevata specializzazione. |