Ebbe origine secondo alcuni studiosi, in Grecia. Cibo nato per la commemorazione dei defunti, trovando terreno fertile, nelle regioni dell’Italia meridionale, in quanto zone ricche di grano. Successivamente la Cuccìa, fu associata alla celebrazione di alcuni santi. Nel corso degli anni la ritualità e la ricetta del piatto, andarono persi. Presto, però, la cultura calabrese partì alla ricerca di questa vecchia tradizione sino ad allora trasmessa oralmente, riportando alla luce, sia la squisita pietanza di cui parleremo, che la sua variante dolce. Un delizioso piatto a base di grano cotto e vino cotto o miele di fichi.
Il procedimento è un po’ lungo ma semplice: lavate il grano decorticato e mettetelo a bagno in acqua fredda per 24 ore, rinnovando l’acqua per 2-3 volte. Scolatelo, mettetelo in una pentola, con un paio di litri di acqua, un pizzico di sale e portate a ebollizione. Fate cuocere a fiamma bassa per circa 3 ore, mescolando spesso e una volta raffreddato, aggiungete del vino cotto (mosto cotto) oppure miele di fichi.
In Calabria era di rito preparare il grano cotto il 12 dicembre per consumarlo in famiglia e donarne ai vicini il 13, per buon augurio e per invocare la protezione di Santa Lucia.
Leggenda Leggenda vuole che in tempo di carestia a Siracusa, la sua città, Santa Lucia lacrimò grano, o, secondo un’altra versione, fece apparire miracolosamente navi cariche di grano. Il popolo affamato non perse tempo a preparare il pane e mangiò il grano dopo averlo semplicemente bollito, salvandosi così da morte certa.
Da quel giorno per ringraziare la santa, ogni anno i siciliani e i calabresi, preparano il grano cotto che, col tempo, si è poi arricchito di altri ingredienti. |