È davvero imbarazzante celebrare in piena pandemia la 50a Giornata Mondiale della Terra. Dio aveva creato il mondo perché l’uomo lo governasse e lo custodisse ma, negli ultimi decenni, c’è stato chi, pensando di esserne il padrone, in nome degli interessi e del profitto, è riuscito quasi a distruggerlo. Le numerose voci di scienziati e di studiosi che, nel corso degli anni, si sono ripetutamente levate per invitare l’uomo a riconsiderare la sua condotta e le sue scelte sono puntualmente cadute nel vuoto. L’inquinamento, i cambiamenti climatici, lo scioglimento dei ghiacciai, l’estinzione continua di piante e animali, le numerose patologie causate dal degrado ambientale che stanno insidiando gravemente la salute dell’uomo, non sono valse, finora, a convincere coloro che hanno in mano il destino dell’umanità ad assumere una condotta responsabile. Forse, questa pandemia, paradossalmente, potrebbe diventare l’occasione che aspettavamo per invertire la marcia e iniziare a riconciliarci con la natura e con l’ambiente. Eh sì, forse è davvero il caso di cominciare a pronunciare il nostro “mea culpa” per le rovine che abbiamo combinato, e iniziare a contemplare l’incredibile bellezza che c’è nella natura. Forse, dovremmo tornare a meravigliarci, a stupirci, ad emozionarci davanti allo spettacolo che si presenta ai nostri occhi ogni qualvolta volgiamo lo sguardo verso un prato fiorito, uno scoiattolo che salta da un ramo all’altro, il mare azzurro, o verso il cielo. È da qui che dovremmo partire per stabilire un nuovo rapporto col pianeta, e pensare, magari, ad un nuovo sistema educativo, che comprenda l’educazione alla contemplazione, al rispetto e alla cura del creato. Solo così l’uomo potrebbe tornare ad essere il beneficiario principale della bellezza che sta attorno a lui e non, come in questo brutto frangente, la vittima eccellente dei suoi stessi errori. |