L’ho scritto, riscritto, corretto, ricorretto, combattuto tra pubblicarlo o meno, ma alla fine , anche se non so se questo sia il migliore, esaustivo e rappresentativo di tutti i sentimenti che l’argomento coinvolge, credo però che sia importante dire la propria per spirito di sevizio, anche a costo di “diminuirsi“, non possiamo esimerci, dobbiamo esprimere un parere sulla questione Greca e su Tsipras. Qualcuno potrebbe dire: perchè lo dobbiamo per forza esprimere un parere? Si lo dobbiamo fare, almeno quelli che non sono stati solo spettatori o tifosi della partita Greca, ma ci hanno messo faccia, anima e poi ci si sono giocati pure qualcos’altro, candidandosi, chiedendo i voti, e in qualche modo spendendosi per un progetto che dalle elezioni europee, attraverso tornate elettorali varie come comunali, regionali ecc. con “L ’ALTRA... Qualcosa“ sono arrivati ai giorni nostri. Facciamo però attenzione all’approccio con il quale esprimiamo il nostro punto di vista: se deve essere un altro argomento sul quale l’ancora “pre-embrionale sinistra nascente , futura, addavenente, in fieri“, si divide in postazioni differenti che poi diventano nidi di mitragliatrici dalle quali sparare migliaia di distinguo, dei quali noi di sinistra abbiamo i caricatori sempre pienissimi, allora meglio “soprassedere“ di Decurtiana memoria e tenerceli per noi! Se invece l’analisi serve a capire che la Grecia, per come cercherò di argomentare, siamo anche noi e quindi trarre dall’esperienza motivi di riflessione per il nostro stesso futuro d’Europei, oltre che Italiani, allora vale la pena, perchè può fortificare il progetto di una sinistra con idee chiare e prospettive perseguibili per il futuro. Dobbiamo esprimerci, noi di quella sinistra che ha sognato con Siriza l’innesco di una rivoluzione, che ci liberasse tutti dalla supremazia, ormai asfissiante, della finanza sul governo democratico dei popoli europei, supremazia che noi italiani abbiamo constatato, vivendolo anche nel presente, con governi cooptati mai votati dai cittadini con l’unico scopo di salvaguardare gli interessi delle banche. Siriza, Tsipras e Varoufakis hanno rappresentato per un lasso di tempo, breve ma intenso, l’orizzonte cui guardare, la via della liberazione, il percorso da seguire per tutti quegli europei che hanno sempre creduto in una Europa dei popoli e non dei capitali. L’azione di Syriza ha raggiunto l’apoteosi con la dimostrazione del coraggio dell’incoscienza politica con la convocazione del referendum, e la successiva acme di piacere che tutti noi abbiamo provato con l’ebbrezza di vittoria con l’affermazione del “no“. Quel momento di fatto è stato, per tutti i suoi sostenitori il segnale che ancora si può credere nelle battaglie impossibili, che ancora si può parteggiare per Davide contro Golia, che in questo arido mondo politico ancora c’è spazio per i percorsi difficili se supportati da ideali forti, persino oggi nel 2015, le idealità hanno ancora un senso non solo aulico, irraggiungibile ma se ci si crede fino in fondo possono condizionare la realtà di una nazione e quindi di noi cittadini senza più speranze. Poi il ritorno alla cruda realtà effettuale, la rottura con Varoufakis che segna una svolta, sia per chi tale rottura l’ha interpretata come un segnale da dare alla troika, quindi ancora un rito storico: un agnello sacrificale da immolare sull’altare della trattativa, e sia per chi lo ha invece lo ha interpretato come un cambiamento di rotta rispetto all’originale, e quindi oltre alla biforcazione del percorso tra i due amici, sopratutto il ripensare alla base segni ed obiettivi politici. Il disegno politico, a questo punto, si complica, le concessioni di Tsipras alle richieste dell’Europa germanizzata della Merkel cominciano ad essere interpretate “cedimenti“ più che passaggi di una trattativa con più lunghi obiettivi, vedi la recenti vendite degli aeroporti turistici alle società tedesche; la elargizione di ulteriori prestiti, si interpretano non più come opportunità di ripresa e disponibilità di liquidità per le imprese greche, e quindi finalizzate ad un graduale ritorno alla normaliltà, ma come partite di giro, meri rientri di altissimi interessi sui capitali che le banche teutoniche &C hanno anticipato lucrando profumatamente sulla condizione greca. Serpeggia il dubbio sul senso del percorso politico di Alexis, ma tra tutti i dubbi ed incertezze, il parametro che resta il simbolo dell’incombente fallimento generale della trattativa è, seppure addirittura evocato dalla “comare secca“ Lagarde, la negazione della “RIDUZIONE DEL DEBITO“. La riduzione del debito è nell’immaginario collettivo sia della sinistra che della destra, il grimaldello per forzare la blindatura del sistema finanziario della troika, la concessione di uno spazio all’anima, la conquista di uno spazio reale per i sentimenti, contrapposti all’arido e freddo sistema finanziario che governa il mondo neo-capitalista. Ritorna qui il concetto della vittoria dell’impossibile sul reale, di Davide contro Golia. Questo segnale sembra improvvisamente venuto meno nella battaglia di Tsipras contro la coalizione dell’Europa delle banche, Europa usuraia del debito delle nazioni più deboli, ma quello più grave è l’idea dell’abbandono di questa progetto di idealizzare lo scontro: “Dare un segno tangibile di cedimento, di scalfitura, seppure microscopica, della blindatura del sistema finanziario-speculativo“. Si è invece registrato un allineamento sempre più normalizzato e normalizzante al sistema europeo costituito, con concessioni sul fronte delle richieste europee persino ante Syriza! Oggi Tsipras si dimette per ripresentarsi al voto dei greci e consolidare la sua attuale maggioranza traballante con l’allargamento del suo consenso, ma dove potrà chiederlo e trovarlo questo consenso se non al centro ed al centro- destra? Questo passaggio elettorale serve ad avere un più vasto appoggio parlamentare, dice, per procedere con le riforme, ma quali riforme se le riforme che vuole chiedere non sarebbero approvate della maggioranza che l’appoggiava ieri ed in parte l’appoggia oggi? Fare un governo come quello di Renzi in Italia, che si dichiara riformista e di centro sinistra e fa riforme stravolgenti per il popolo Italiano e la Costituzione che nemmeno la destra avevo osato fare per vergogna? Non siamo più davanti ad un percorso chiaro, retto, leggibile, siamo al compromesso sociale, e cosa c’è ancora da poter compromettere in termini di stato sociale in Grecia che non sia già stato svenduto? Ho letto nelle interviste lasciate da Varoufakis che la trattativa si è svolta sempre con la pistola puntata alla tempia della Grecia e quindi di Tsipras, e questo sarà anche stato vero, ma la pistola Euro-Teutonica, a Siriza, era puntata dal primo momento , non è stata tirata fuori dopo, quindi forse qualcosa nel disegno generale di Siriza e di Tsipras, si è inceppato, non ha funzionato, troppo semplici e semplicistiche mi sembrano le motivazioni che oggi si adducono all’accettazione delle richieste della Troika! Bisogna tuttavia anche registrare che alla“rivoluzione Tsipras“, alle parole di elogio e di speranza che hanno risuonato negli ambienti di sinistra Europei, almeno quelli che hanno voce per farsi sentire, e non solo, non è poi corrisposto alcun esito nella politica reale nè da parte dei singoli paesi, nè da parte dei gruppi europei, per cui non si è innescato alcun “circolo virtuoso“ di un’idea di opposizione a questa “dottrina dominante ed incontrastata europea che sta sistematicamente impoverendo le popolazioni più deboli e lascia la gente senza speranza“. Questa responsabilità, di aver lasciato Tsipras in estrema solitudine, la sinistra Europea ( a questo punto è legittimo chiedersi se esista) ce l’ha tutta. Certo però riesce difficile pensare che tutto si sia esaurito in un fuoco di paglia, un messaggio sono certo è passato: “ Questo potere dominante che ci governa facendo e disfacendo le nostre vite è spaventato da una sola cosa, che lo spiazza e lo fa barcollare, il responso popolare, questo è l’unico baluardo che si può innalzare, contro lo strapotere incondizionato! I giocatori più importanti di questa partita, specificatamente la nostra controparte, tengono la democrazia in nessun conto, anzi la rifuggono, perché non fa parte dei loro piani e si adoperano per tenerla il più possibile fuori dai loro progetti. Ecco il motivo per il quale meno si vota, e meglio è, ci ricorda qualcosa questa politica? Tutto ciò ci da un’indicazione da seguire? Credo di si, abbiamo una strada, l’unica, un solo compito ineludibile : riportare la sinistra alla dignità di rappresentanza democratica e da lì riprenderci i diritti che giorno dopo giorno, ora dopo ora ci stanno rubando, ma per far questo dobbiamo sapere che non abbiamo scelte, non c’è una seconda opzione, come si dice oggi: un piano 2, crederci oppure sparire! |