“Mentre si trova bloccato in fin di vita in una baita d’alta montagna, uno studioso dell’antica civiltà sumera viene salvato dall’inattesa quanto provvidenziale visita di un misterioso, bellissimo giovane che dice di chiamarsi Azriel e di essere un demone con una lunga e struggente storia da raccontare. Azriel è lo spirito di un giovane ebreo babilonese che per amore verso il suo popolo prigioniero in Mesopotamia è caduto in un inganno ordito da sacerdoti pagani e negromanti, i quali gli hanno strappato l’anima e ne hanno fatto un demone in balia del mago che di volta in volta possiede le ossa delle sue spoglie mortali. Dalla Babilonia dei mille dèi alla Parigi di fine Ottocento, all’Asia Minore a New York, il viaggio di Azriel volge al termine”
Questo è, probabilmente, uno dei romanzi della scrittrice statunitense Anne Rice meno conosciuti, rispetto alle più famose Cronache dei vampiri e La saga delle streghe Mayfair. Incuriosito dalla trama, mi sono imbattuto in un essere di nome Azriel che, stanco dal suo vagare millenario, si racconta a un perfetto sconosciuto. Non che questo aspetto sia una novità nel mondo della Rice. Chi ha letto almeno un suo libro non potrà che confermarne la ripetizione, la ricerca, da parte della scrittrice, di questo racconto/confronto. Ci si ritroverà davanti una storia irreale, capace di trasportare il lettore nell’antica Babilonia grazie alle descrizioni dettagliate, punto di forza della Rice. Come dico sempre, questo descrivere può diventare anche il tallone di Achille di un romanzo. Devo, però, ammettere che senza i dettagli che l’autrice riporta sarebbe stato difficile seguire per bene la vicenda. La storia narrata è capace di suscitare emozioni diverse da una pagina all’altra, caratteristica non facile da reperire. Questo aspetto risulta vincente in quanto il lettore riesce a immedesimarsi nel protagonista narratore, e in nessun altro. Infatti i personaggi che compaiono altro non sono che mere comparse. Ci si relazionerà in maniera così intima con Azriel tanto da considerarlo parte di noi stessi. Perché accade questo? Perché il protagonista riesce a raccontare fin nei minimi particolari non solo gli episodi ma le sofferenze da lui provate, le emozioni, nel percorso che lo hanno condotto al momento del racconto. In definitiva Lo schiavo del tempo è uno di quei romanzi adatti a tutti quei lettori che amano quel mix tra Storia e fantasia. Romanzo capace di coinvolgere, grazie alla scelta dell’autrice di scrivere in prima persona, anche quei lettori che di questo mondo conoscono poco o nulla.
Fonte: https://armandolazzarano.altervista.org
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