“Un romanzo in cui l’inquietante presenza del Male determina una suspence incalzante. Dopo un tranquillo weekend al lago, Hatch Harrison e la moglie Lindsey rimangono vittime di un terribile incidente stradale. Mentre la donna si salva, il marito muore durante il trasporto in ospedale, ma, miracolosamente ritorna in vita. La sua permanenza nell’aldilà però lo ha marchiato con un’agghiacciante maledizione”
Un autore, Dean Koonz, praticamente scomparso dalle librerie, almeno da quelle italiane. Sembra strano che un titolo come Cuore nero, romanzo capace di vendere milioni di copie in tutto il mondo, entrando di diritto tra i bestseller del genere, non veda una ristampa dall’ormai lontano 2003. Io stesso, attirato dalla trama, ho avuto non poche difficoltà nel reperire il titolo (trovato su libraccio.it unica copia rimasta). Un testo questo a metà tra il thriller e l’horror. La psicologia la fa da padrona, nonostante il testo risulti un po’ lento a tratti e con poca cura dei particolari che riguardano i personaggi. Quest’ultima caratteristica, per quanto possa sembrare una grave pecca, è stata gradita, perché i personaggi ci vengono presentati, con una maestria degna dei più grandi autori, grazie ai dialoghi ben curati. La storia in sé è bella quanto spaventosa. Koontz non solo sembra possedere il potere di far provare le sensazioni testate a loro volta dai personaggi, ma, l’autore americano, ha il dono di far immedesimare il lettore con i protagonisti, nonostante il testo sia scritto in terza persona. Cuore nero è una vera e propria riflessione sul male che sembra attanagliare l’uomo, con la complicità di episodi stimolano, o è quello che sembra, l’essere umano a darsi al lato oscuro. Il buio è sempre presente, forse considerato dallo stesso scrittore lo specchio di quell’anima sconosciuta che tutti possediamo, ma di cui non siamo in grado di appropriarci veramente. Un plauso va allo scrittore capace di rendere i protagonisti una sorta di Dr. Jekyll e Mr. Hide moderni. È questo l’aspetto forse più inquietante del romanzo: due soggetti all’apparenza distinti si ritrovano interconnessi in un gioco disturbante e alquanto macabro. La linearità della narrazione non può che conciliare una lettura che non solo ha il potere di terrorizzare il lettore, immedesimato completamente con il contesto e con i personaggi, ma lo fa anche riflettere su quella natura del male che aleggia da sempre sull’essere umano.
Fonte: https://armandolazzarano.altervista.org/
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